Arrivano le prime stime sulla pensione anticipata a quota 100 che, nel 2019, dovrebbe mandare in pensione centinaia di migliaia di lavoratori. Rispetto agli attuali requisiti delle Pensioni anticipate e delle pensioni di vecchiaia, dettati dalla riforma Fornero di sette anni fa, la quota 100 permetterà l'uscita ai contribuenti già dai 62 anni di età. Un requisito minimo, quest'ultimo, considerato dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb) troppo basso per l'uscita da lavoro e, soprattutto, per il futuro assegno di pensione. Infatti, la nuova formula pensione anticipata con le quote determinerebbe il decurtamento degli assegni di pensione con una percentuale via via crescente, da un minimo del 5,06 per cento ad un massimo di addirittura il 34,17 per cento.

Tuttavia, alcune testate hanno contestato i dati dell'Upb, arrivando a definire una bufala gli studi dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio ed il calcolo sulla perdita di oltre un terzo della pensione per i lavoratori in uscita con quota 100.

Ultime novità pensione anticipata quota 100 e pensione di vecchiaia 2019: mensili al ribasso

Le simulazioni sulle pensioni anticipate a quota 100 prendono in esame le uscite dei lavoratori a dai 62 ai 67 anni per un lasso di tempo che va dal 2019 al 2025. In altre parole, ci si chiede a quanto di assegno mensile di pensione dovrebbe rinunciare un contribuente che nel prossimo anno esca con la quota 100 rispetto all'attesa della pensione di vecchiaia a 67 anni?

L'uscita nel 2019, prevista per circa 437 mila contribuenti, rispetto alla pensione di un anno dopo, nel 2020 (per chi, ad esempio, si trovasse ad un anno dalla pensione di vecchiaia o eventualmente anche ad un anno di contributi da versare per le pensioni anticipate previste dalla riforma fornero), determinerebbero una perdita di appena il 5,06 per cento.

Tuttavia, l'anticipo di due anni, e quindi l'uscita nel 2019 con quota 100 a 65 anni rispetto ai 67 della pensione di vecchiaia prevista nel 2021, causerebbe il taglio dell'assegno di pensione del 10,79 per cento, del 17,20% rispetto all'uscita del 2022, del 24,15 % del 2023, del 29,53 del 2024 e del 34,17 per cento del 2025.

Dunque, usufruendo della nuova formula di pensione anticipata "piena", e cioè fin dai 62 anni con 38 di contributi, il lavoratore si ritroverebbe a dover rinunciare ad oltre un terzo della sua pensione futura, ma il taglio si assottiglierebbe con un minore numero di anni di anticipo con la stessa quota 100.

Pensioni anticipate, novità oggi su uscita anticipata: quanto e a chi conviene quota 100

Le simulazioni dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio sulla pensione anticipata con uscita a quota 100 sono state fortemente criticate dal quotidiano La Verità. Innanzitutto, in base alla crescente speranza di vita, un lavoratore che devica di andare in pensione anticipata con la quota 100 rispetto alla pensione di vecchiaia (o alle pensioni anticipate contributive della Fornero) avrebbe un maggior numero di anni di godimento della pensione stessa.

E, dunque, spalmando la quota-pensione nel tempo e attenendosi alla speranza di vita, il quotidiano prevede una perdita di assegno di pensione che si assottiglierebbe da un minimo dello 0,22 per cento ad un massimo dell'8 per cento. In secondo luogo, il gioco della perdita di pensione non regge di fronte ad uno dei meccanismi vigenti già dai tempi della riforma Fornero, ovvero quello dei coefficienti di trasformazione. I pensionati che scelgano, infatti, la pensione a quota 100 anticiperebbero l'uscita a partire dai 62 anni, età alla quale corrispondono coefficienti più bassi rispetto a quelli più elevati delle età più avanzate. Tuttavia, tale meccanismo è uguale per tutte le modalità di uscita con le pensioni e, dal 1° gennaio 2019, entreranno in vigore i nuovi coefficienti, più bassi rispetto a quelli del 2018.

L'assegno di pensione, per la parte calcolata con il meccanismo contributivo sarebbe, pertanto, soggetto al decrescere dei coefficienti per tutti i tipi di pensione, indipendentemente dalla quota 100.

A questa obiezione, aggiungiamo che rimandare l'uscita alla pensione di vecchiaia rispetto alla quota 100, potrebbe comportare almeno altre due revisioni dei coefficienti di trasformazione, sempre al ribasso, nel 2021 e nel 2023. Uscendo prima e non subendo tali decurtazioni, si assorbirebbe, almeno in parte, la riduzione della pensione con la quota 100 dovuta al minor numero di anni di contributi versati.