Emerge una possibile doppia beffa sui contributi riguardanti la pensione anticipata a quota 100 per i lavoratori in uscita a partire dal 2019. A fare l'analisi della convenienza di lasciare il lavoro con almeno 38 anni di contributi e a 62 anni, usufruendo della misura di pensione a quota 100 in maniera piena, è Il Sole 24 Ore. Per il quotidiano economico, infatti, ritirarsi in anticipo da lavoro comporterebbe una perdita dell'assegno futuro di pensione valutabile sia sotto l'aspetto dei minori contributi versati dai lavoratori con l'uscita anticipata che per la minore rivalutazione dei propri contributi a causa della congiuntura sfavorevole dei titoli di Stato.

Ultime novità oggi pensione anticipata 2019: coefficienti uscita quota 100 e altre pensioni

Pertanto, l'uscita piena a 62 anni con la pensione anticipata a quota 100 comporterebbe una doppia perdita che potrebbe quantificarsi nei 5 anni di minori contributi versati rispetto alle Pensioni di vecchiaia (a 67 anni) e nella minore rivalutazione dei contributi dovuti alla sfavorevole congiuntura economica. Ovviamente, per le uscite a 63, 64, 65 e 66 anni l'impatto negativo sulle pensioni a quota 100 sarà minore per il maggior numero di anni di contributi, ma anche per i coefficienti di trasformazioni delle pensioni proprio in questi giorni aggiornati per il biennio 2019-2020. Più è bassa l'età di uscita per la pensione, più il coefficiente è basso e meno corposo sarà l'importo della pensione che si percepirà.

La Redazione di Blastingnews ha preso in esame le età di uscita interessate dalla quota 100: nel 2019 e 2020, l'età di uscita a 62 anni avrà un coefficiente pari a 4,79 per cento, in diminuzione rispetto al 4,85 per cento del 2016-2018. L'abbassamento percentuale del prossimo biennio (rispetto al triennio precedente) determinerà, in ogni modo, pensioni più basse, indipendentemente dallo strumento pensionistico utilizzato per uscire da lavoro.

La stessa diminuzione si registra per la pensione a 63 anni, si con quota 100 che con altre formule di pensione anticipata (4,932 rispetto al 5,002 per cento), a 64 anni (5,083 rispetto al 5,159%), a 65 anni (5,245 rispetto al 5,326 per cento) e a 66 anni (5,419 rispetto al 5,506 per cento). In sintesi, quota 100 o no, le pensioni del prossimo biennio saranno inevitabilmente più basse di quelle del 2018.

E i coefficienti di trasformazione saranno aggiornati per ogni biennio e non ogni tre anni. E, infatti, il coefficiente dei 67 anni delle pensioni di vecchiaia registrano una diminuzione da 5,700 a 5,604 per cento. Per un calcolo della propria pensione lorda annuale, è necessario moltiplicare il montante contributivo versato nell'arco della carriera lavorativa per la percentuale del coefficiente di trasformazione.

Uscita quota 100 e pensioni anticipate: rivalutazione dei contributi

Tuttavia, se la diminuzione degli importi delle pensioni anticipate, con quota 100 oppure dei soli contributi, può essere messa in preventivo dal lavoratore, considerando che ad un numero di anni di versamenti minori corrispondono pensioni più basse, ciò che non dipenderà dalla carriera lavorativa sarà l'andamento economico e le rivalutazioni dei contributi versati.

In quella che Il Sole 24 Ore definisce come la seconda beffa per le uscite con le pensioni a quota 100 è annoverato il calo dei mercati finanziari. In particolare, secondo il quotidiano economico, rispetto allo scorso mese di febbraio (mese in cui fu presentato il Contratto di Governo tra la Lega di Matteo Salvini e il M5S di Luigi Di Maio) si registrano diminuzioni dei valore dei titoli di Stato e, in particolare, dei Btp, del 9 per cento, con punte dell'11%. Il che significa anche perdite nei fondi pensione e, conseguentemente, nella rivalutazione dei contributi versati dai lavoratori.