L'articolo 1 della Costituzione italiana recita: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro". Ma oggi il lavoro è sempre più precario, tanto che la Commissione Europea ha appena deciso di avviare una procedura di infrazione contro il nostro Paese. Questo perché, soprattutto nella Pubblica Amministrazione, si sarebbe fatto un uso eccessivo del contratto a termine, che rimane una forma atipica, anche perché, in questo modo, si sarebbe realizzata una forma di discriminazione nei confronti dei lavoratori a tempo determinato rispetto ai loro colleghi che beneficiano di un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Le motivazioni della Commissione in dettaglio
Per giustificare l'avvio della procedura di infrazione contro l'Italia, la Commissione Ue ha fatto, ovviamente, riferimento al diritto del lavoro comunitario. In particolare, la Direttiva Ue sui contratti a tempo determinato prevede espressamente che i lavoratori a termine godano degli stessi diritti e benefici dei loro colleghi a tempo indeterminato, i quali svolgono mansioni comparabili. Esaminando la legislazione italiana in tema di lavoro, comunque, la Commissione europea ha rilevato una profonda lacuna del nostro ordinamento che, quindi, esclude da questa forma di tutela diverse categorie di lavoratori all'interno della Pubblica Amministrazione, in particolare nei settori della Scuola e della sanità, ma anche gli appartenenti ai settori artistici dell'amministrazione statale, come musicisti e cantanti di coro.
Onde evitare errori la Commissione ha individuato ed elencato precisamente tutte le categorie del settore pubblico che avrebbero subito tale comportamento discriminatorio.
Sessanta giorni per correggere la situazione
Di conseguenza, la Commissione europea ha sollecitato il nostro Paese ad applicare la Direttiva 1999/70/Ce a tutti i comparti della Pubblica Amministrazione.
Come ha fatto notare il presidente Anief, Marcello Pacifico, l'Italia "non ha predisposto garanzie sufficienti" ad esempio in relazione alla determinazione dell'anzianità di servizio maturata durante il decorso del contratto a termine. Ora il nostro Paese dovrà rispondere ai rilievi della Commissione europea entro il termine di 60 giorni.
Se questo non dovesse avvenire la Commissione europea passerà alla fase successiva inviando un parere motivato. In pratica si tratterebbe di una diffida formale ad adempiere alle correzioni richieste dagli organi europei. Nel caso l'Italia continui a non ottemperare alle indicazioni della Commissione questa potrebbe proporre ricorso per inadempimento presso la Corte di Giustizia dell'Unione Europea. In questo caso saremmo entrati in un vero e proprio contenzioso legale con possibili sanzioni pecuniarie a carico dell'Italia.