Nella situazione di incertezza dettata dal futuro della pensione anticipata con uscita a quota 100, il cui termine della sperimentazione è fissato per il 2021, arrivano notizie rassicuranti sul fronte dell'aspettativa di vita e, in particolare, sull'età necessaria per l'uscita con la pensione di vecchiaia e con le altre due formule consuete di pensione anticipata. Infatti, l'età della pensione di vecchiaia rimarrà stabile a 67 anni fino a tutto il 2022 per poi aumentare, con tutta probabilità, nel periodo 2023/2024 e con cadenza biennale. Il mancato aggiornamento al rialzo dei requisiti di uscita è stato confermato dallo specifico decreto del Ministero del Lavoro in pubblicazione entro la fine dell'anno e del quale ne dà notizia anticipatamente Il Sole 24 Ore: la speranza di vita del biennio 2017-2018, periodo sotto osservazione dell'Istat per determinare i requisiti previdenziali, è aumentata di meno di un mese, ragione per la quale l'età di uscita con la vecchiaia rimarrà stabile ancora per tre anni.

E, con essa, anche la pensione anticipata contributiva, soggetta alla variazione anagrafica di pari passo con la vecchiaia, continuerà a richiedere l'età minima di 64 anni.

Pensioni anticipate: dopo pensione vecchiaia e quota 100, anche uscita anticipata a 64 anni stabile fino al 2022

I parametri previdenziali di uscita, dunque, rimarranno fermi nei prossimi anni: con le pensioni a quota 100 che richiederanno, per tutti e tre gli anni di sperimentazione, l'età minima di 62 anni unitamente a 38 anni di contributi, anche gli altri canali di uscita non aggraveranno il requisito anagrafico e quello contributivo. Nello specifico, le Pensioni anticipate dei contribuenti matureranno con i requisiti già fissati dal 2019: proprio il provvedimento che ha introdotto la pensione a quota 100 lo scorso gennaio (il Decreto 4 del 2019) ha previsto che le pensioni anticipate dei soli contributi rimarranno stabili fino al 2026 con uscita maturabile al raggiungimento dei 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne.

Per i lavoratori che, invece, ricadano nel sistema previdenziale interamente contributivo, ovvero i contribuenti che abbiano iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, è previsto un altro canale di pensionamento anticipato raggiungibile all'età minima di 64 anni unitamente ad almeno 20 anni di contributi. Il requisito anagrafico di questa formula previdenziale (al pari dei contributi delle pensioni anticipate a 42 anni e 10 mesi che però rimarranno inalterati fino al 2026) si aggiorna all'aumentare dei mesi richiesti in più per le pensioni di vecchiaia.

Pertanto, l'età minima dei 64 anni (già aumentata di cinque mesi dal 2019 come richiesto anche per le pensioni di vecchiaia), rimarrà inalterata fino al 2022 per poi aumentare nel biennio successivo, presumibilmente di tre mesi come per le pensioni di vecchiaia.

Pensioni anticipate: ultime novità di oggi su uscita quota 100 e contributiva a 64 anni

La formula di pensione anticipata contributiva con uscita a 64 anni rappresenta, essenzialmente, il canale di pensionamento per le generazioni più giovani (orientativamente per gli under 50 anni), con alcune eccezioni che possono allargarne il beneficio anche a chi ha superato i 60 anni e sia prossimo alla pensione. Infatti, oltre all'età minima e ai contributi richiesti, la pensione anticipata è raggiungibile se il mensile futuro lordo sia superiore, di 2,8 volte, l'assegno sociale, nel 2019 pari a circa 458 euro. Si tratta di un requisito che, di fatto, esclude molti potenziali beneficiari dalla maturazione di questo canale di uscita e sul quale, nell'ipotesi di una riforma delle pensioni che programmi le uscite dei lavorati dei prossimi decenni, potrebbero essere approntati dei correttivi.

Come dicevamo, questa formula di pensione anticipata è accessibile anche ai lavoratori che ricadano nei sistemi previdenziali precedenti al contributivo puro (dal 1996). Infatti, secondo quanto previsto dalla Circolare Inps numero 184 del 2015, la pensione anticipata contributiva è raggiungibile (all'età di 64 anni e con 20 anni di contributi effettivi, di cui almeno cinque dal 1996) anche ai lavoratori che abbiano meno di 18 anni di contributi versati fino al 1995 (ricadenti, dunque, nel sistema previdenziale misto) e che abbiano almeno un mese di versamento alla Gestione separata dell'Inps.