Ultimi mesi per trovare soluzioni di uscita con pensioni fino a cinque anni prima rispetto alla vecchiaia o all'anticipata dei soli contributi e per arginare il rischio dei licenziamenti una volta che terminerà il blocco accordato dal recente decreto "Sostegni". Per tutti i possibili lavoratori coinvolti, e per l'anno 2021, la scadenza della presentazione delle domande di uscita anticipata da lavoro è fissata dalla nota Inps numero 48 di fine marzo scorso al 30 novembre prossimo, ma gli accordi con le maggiori sigle sindacali dovranno essere sottoscritti prima, proprio in prossimità della scadenza del blocco licenziamenti.
Negoziati aperti dunque per la prima scadenza del blocco dei licenziamenti fissata al 30 giugno prossimo per le imprese che usufruiscono della cassa integrazione ordinaria Covid, soprattutto rientranti nel settore delle costruzioni e dell'industria; per le imprese del terziario, che utilizzano il Fis e la cassa integrazione in deroga, c'è più tempo per trovare l'accordo perché il termine del blocco licenziamenti è slittato al 31 ottobre 2021. Per tutti, l'uscita è agevolata dai contratti di espansione: 60 mesi di anticipo rispetto ai requisiti della riforma Fornero che potrebbero rappresentare la risposta di Mario Draghi alle richieste di riforma e del dopo quota 100 dal 2022.
Pensioni, uscita 2021 a 62 anni o 37,10 di contributi: scadenza domanda al 30 novembre
Sul tavolo della negoziazione, per le imprese e per i lavoratori che opteranno di andare in pensione anticipata a 62 anni risparmiando cinque anni sulla vecchiaia dei 67 - o in alternativa sceglieranno di puntare sui requisiti avendo raggiunto almeno i 37 anni e 10 mesi, con uno sconto sui versamenti di 60 mesi - i tasselli essenziali dell'accordo Stato-imprese-contribuenti: il consenso dei lavoratori interessati, l'incentivo di uscita e la risoluzione del rapporto di lavoro che eviti il licenziamento ma ne acquisisca i benefici derivanti dal pagamento dell'indennità Naspi.
La legge di Bilancio 2021 ha allargato la platea delle possibili uscite abbassando il requisito dei 1.000 dipendenti per le aziende che ricorrano allo strumento dello scivolo previdenziale per l'uscita dei lavoratori in esubero e per le ristrutturazioni aziendali mediante nuove assunzioni. L'uscita agevolata, nel 2021, può essere richiesta anche dalle medie imprese, con 250 addetti, ma lo scivolo potrebbe ulteriormente essere agevolato dalla prossima legge di Bilancio, abbassando i requisiti a partire dal 2022.
Pensioni, per il dopo quota 100 scivolo di 5 anni: la misura per lasciare in anticipo il lavoro
Ne ha parlato il sottosegretario all'Economia, Claudio Durigon, che ha spiegato la proposta di rafforzamento e di estensione alle aziende sotto i 250 dipendenti della possibilità di adesione al contratto di espansione. "La possibilità è quella di realizzare accordi aziendali per il prepensionamento dei lavoratori con 5-6 anni di anticipo e l'assunzione dei giovani". È lo scenario che il governo Draghi studia per le Pensioni, cinque anni di anticipo di uscita lavorativa se c'è crisi per una misura, il contratto di espansione, che dovrebbe andare a integrarsi con la fine del blocco dei licenziamenti e riassorbire l'incubo "scalone" per i lavoratori prossimi all'uscita e tagliati fuori dalla fine di quota 100.
Senza misure alternative, infatti, a partire dal 1°gennaio 2022 si tornerebbe integralmente ai requisiti della riforma Fornero, con la pensione di vecchiaia a 67 anni e quella anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi. Una prospettiva che i sindacati, tra i quali Cisl e Cgil, respingono al mittente senza tanti complimenti.
Riforma pensioni, governo Draghi potrebbe allungare contratto di espansione
In questo scenario, a oggi lo scivolo pensionistico rappresenta l'alternativa e la novità più incoraggiante per far quadrare i conti dello Stato con un costo solo in parte sostenuto dalle imprese. Abbassare ulteriormente la soglia delle aziende che possono agevolare l'uscita dei propri lavoratori con 60 mesi di anticipo portandola a 100-150 dipendenti avrebbe un onere aggiuntivo di 600-800 milioni di euro per il 2022 e una spesa totale per la misura che Durigon quantifica in due miliardi di euro.
Per le imprese gli oneri sarebbero rappresentati solo dall'integrazione dell'indennità di disoccupazione erogata dallo Stato attraverso la Naspi per i primi due anni (tre anni per le imprese più grandi che assumono almeno un lavoratore ogni tre nuovi pensionati).