Ritocchi in arrivo per le pensioni con uscita 5 anni prima nel decreto Sostegni bis, il provvedimento che il governo Draghi si appresta a varare con una tornata di aiuti intorno ai 40 miliardi di euro per sostenere le imprese, i professionisti, la salute e i servizi sul territorio. Nel pacchetto lavoro, oltre alle uscite anticipate e agevolate dei lavoratori, figureranno anche sostegni all'occupazione, nel pieno degli obiettivi del contratto di espansione che prevede incentivi alle imprese che favoriscono il ricambio generazionale.

Nell'ultima stesura della bozza del decreto, tuttavia, figurerebbero anche sostegni alla ricollocazione di chi rimarrà senza lavoro per il termine del blocco dei licenziamenti. Complessivamente, la parte del lavoro e delle Pensioni dovrebbe impegnare tra i 5 e i 6 miliardi di euro tra formule di sostegno e sgravi contributivi che potrebbero arrivare fino al 100% per le nuove assunzioni.

Pensioni anticipate con esodo nel decreto Sostegni Bis di Draghi: chi può aderire all'uscita agevolata

Un anticipo delle formule di pensione anticipata che potrebbero garantire la flessibilità in uscita richiesta da imprese e sindacati e rappresentare una valida alternativa alla quota 100 che terminerà la sperimentazione il 31 dicembre 2021 sarà contenuta proprio nel decreto Sostegni bis di Draghi.

La norma che prevede ritocchi sul contratto di espansione dovrebbe abbassare la soglia delle imprese che possono accedere a questo strumento a 100 dipendenti dall'attuale limite minimo delle 250 unità. Il meccanismo permetterà ai lavoratori che si trovano a non più di 5 anni dalla pensione di vecchiaia (dunque a partire dai 62 anni di età) o con almeno 37 anni e 10 mesi di contributi se l'obiettivo è l'agevolazione sulla pensione anticipata, di poter lasciare il lavoro da subito purché l'azienda per la quale lavorano abbia i requisiti dimensionali e arrivi all'accordo con i sindacati per l'esodo.

Contratto di espansione misura alternativa di riforma delle pensioni già dal 2021

Le ipotesi che si facevano nelle scorse settimane sulle pensioni anticipate con i vantaggi del contratto di espansione riguardavano, sostanzialmente, le misure di riforma del 2022.

Il governo Draghi avrebbe deciso, tuttavia, di anticipare e di allargare i benefici dell'uscita prima di 5 anni già nel Sostegni bis, anziché attendere la legge di Bilancio 2022, dando un chiaro segnale di sostegno alle imprese nella riorganizzazione e ristrutturazione del personale, soprattutto in vista dell'avvicinarsi del termine del blocco dei licenziamenti previsto al 30 giugno per le imprese più grandi, e al 31 ottobre per quelle più piccole e del terziario.

Riforma pensioni: con la fine di quota 100 flessibilità di uscita già col Dl Sostegni

Il contratto di espansione, nella sua evoluzione a partire dal 2019 con possibilità di scivolo ai lavoratori delle grandi imprese con almeno 1000 dipendenti, rappresenterebbe dunque una nuova formula di uscita anticipata rispetto ai requisiti richiesti dalla riforma delle pensioni di Elsa Fornero, nonché l'alternativa a quota 100.

Ne ha parlato alla Camera dei Deputati nella giornata di ieri 19 maggio il ministro del Lavoro Andrea Orlando ribadendo che la misura rappresenta una "importante anticipazione" di nuove "forme di flessibilità" verso la pensione, delle quali occorrerà valutare "gli effetti" in vista della fine della misura sperimentale di uscita a 62 anni unitamente a 38 anni di contributi. Benefici di uscita e gradimento dei lavoratori nell'aderire volontariamente all'esodo previdenziale verranno dunque valutati nei prossimi mesi, soprattutto in rapporto a quanto del mensile si perda rispetto all'attesa dei 67 anni della pensione di vecchiaia.

Pensioni anticipate a 62 anni o con 37 anni e 10 mesi di contributi: quanto si perde di pensione

Dalle prime stime sul taglio delle pensioni derivanti dal minor numero di anni di contributi versati e dall'applicazione di un coefficiente di trasformazione più basso per l'uscita con qualche anno di anticipo, ne deriva che già solo con un anno di anticipo rispetto ai cinque disponibili, la pensione netta si ridurrebbe mediamente del 16%, abbassandosi ulteriormente di 50 euro per ogni altro anno che si decida di uscire prima. E quindi, per chi guadagna intorno ai 30mila euro lordi annui, pari a 1.650 euro netti mensili, la riduzione media si assesterebbe intorno ai 120 euro, con punte da 40 a 160 euro a seconda del numero di anni di beneficio di uscita anticipata. Numeri ancora più marcati riguarderebbero i redditi più elevati con perdite medie stimabili fino a 168 euro mensili e punte tra i 100 e i 210 euro.