Sono questi indubbiamente gli anni del ritorno “teorico” alle origini, al concetto primordiale di Moto, di strada, di libertà. Ma con ancor meno dubbi sono i tempi in cui una tendenza fa presto a nascere e a interessare i colossi delle case motociclistiche mondiali. Senza entrare nel merito di chi abbia iniziato, oramai le grandi marche dedicano molta attenzione ed investono molti soldi sul settore café racer/scrambler. In altre parole il concetto di personalizzazione ha perso la sua essenza. Poco male! C’è sempre qualcosa di buono. Non bisogna per forza vedere il lato scuro delle cose.

Pensiamo alla Yamaha che da tempo ci ha abituati a collaborazioni con bike-maker privati per non perdere il passo coi tempi. Così un progetto come quello della Yamaha XSR700 ABSè in linea con queste idee. Ducati, però non ha certo bisogno di prendere lezioni da nessuno e la “Scrambler” nasce già nel '62. L’importatore americano dell’epoca ne fece espressa richiesta per soddisfare le esigenze nascenti oltre oceano.

A chi è rivolta

Anche se l’inaudita Kawasaki Ninja H2 ci ricorda che di strada ne è stata fatta, il target di Ducati Scrambler, oggi come allora, è sicuramente quello di chi si vuole divertire e parecchio. Niente cavalli in eccesso e pochi fronzoli, nonostante le soluzioni tecnologiche all’avanguardia non manchino.

Giovani scapestrati o ragazzini attempati non sembrano distinguibili su una moto che è in grado di far sfoggio di sé nei circuiti cittadini o nelle mulattiere di campagna.

Il cuore e qualche dettaglio

La versione base si chiama Icon, ma ce ne sono altre 3, la Urban Enduro, la Full Throttle e la Classic. Inutile spiegarle, i nomi dicono da soli dicono già tanto.

Il motore è a due cilindri e deriva da quello della Monster 796. A V con angolo di 90°, alesaggio e corsa rispettivamente di 88 mm e 66 mm. L’iniezione è elettronica con i due iniettori posti al di sotto della farfalla. Interessante come gli alberi a camme siano stati progettati e costruiti ad hoc per ottenere linearità e rotondità nell’erogazione.

Le marce sono 6 e la frizione, con sistema anti-saltellamento, è multidisco immersa in olio e comando a cavo. Tutto questo si traduce in 75 cv di potenza a poco più di 8.000 giri/min con una coppia di 68 Nm a 5.750 giri/min. Con il peno pesa appena 184 kg ed il serbatoio ha una capacità di 13.5 litri. Disponibile in giallo o in rosso, il suo costo è di poco superiore agli 8.000 euro.

Merito del telaio in tubi d’acciaio, della forcella rovesciata Kayaba, del forcellone in alluminio, del sistema ABS, degli pneumatici MT 60 RS della Pirelli (110/80 e 180/55), del freno a disco da 330 mm anteriore, di quello posteriore di 245 mm, la Scrambler è davvero divertente da guidare. Dopo una mezz’oretta che ci si viaggia, si comincia a fare qualche peccato di pensiero e voler trovare qualche strada deserta dove fare i cretini – come ai vecchi tempi.

Non è ovviamente una moto personalizzata, pronta ed estrema come la Yamaha VMAX Infrared. Lei è “solo” personalizzabile, pronta ed eclettica come una vera scrambler. I suoi pregi sono le finiture e la confidenza che ti regala sin da subito. I difetti? Il rumore dello scarico è decisamente sotto tono. Troppo nervoso, forse, l’acceleratore, anche se basta poco ad abituarsi.