Chiedere in banca un mutuo o un prestito, senza la busta paga o il cedolino della pensione, spesso si rivela un'operazione inutile in quanto, senza un reddito stabile e certo, e senza l'esibizione di garanzie reali, è alto il rischio di vedersi rifiutata la richiesta di accesso al credito. Tutto cambia invece se il richiedente il mutuo oppure il prestito è un pensionato oppure un lavoratore dipendente con il contratto di lavoro a tempo indeterminato. In presenza di un reddito certo, infatti, la banca si assume dei rischi minori nell'erogazione del prestito o del mutuo e, quindi, aumentano le possibilità che la fase di istruttoria si concluda con un esito positivo.

Ora però, almeno per quel che riguarda le nuove assunzioni in Italia, lo scenario è cambiato visto che, a seguito dell'entrata in vigore del Jobs Act fortemente voluto dal Governo Renzi e dei relativi decreti attuativi, al posto del vecchio contratto di lavoro a tempo indeterminato c'è il nuovo contratto di lavoro, cosiddetto, a tutele crescenti. Ed allora, come si comporteranno in merito le banche nella valutazione del merito creditizio con i nuovi contratti di lavoro? Ebbene, al riguardo alcune banche hanno già fatto sapere che, per la valutazione del merito creditizio ai fini della concessione di prestiti e mutui, considereranno il nuovo contratto di lavoro a tutele crescenti come avente la stessa affidabilità del vecchio contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Ne consegue che, specie i giovani neoassunti, i clienti non subiranno penalizzazioni specie se, oltre alle banche che lo hanno già comunicato, pure tutti gli altri istituti di credito operanti in Italia seguiranno tale orientamento. Giuliano Poletti, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha definito quella delle banche una 'risposta positiva ed importante' visto che i giovani 'se avranno bisogno di un finanziamento o di un mutuo potranno ottenerlo con gli stessi criteri di valutazione adottati per il vecchio contratto a tempo indeterminato'.