Tempi addietro, quando ancora regnava sovrana la miseria, era consuetudine festeggiare la Santa Pasqua nei migliori dei modi. Una festa molto sentita, per cui, si incominciava a fare i preparativi una settimana prima dall'evento. Innanzitutto, le donne, "azdore" in dialetto romagnolo, provvedevano a fare le pulizie della casa, spostando il mobilio e togliendo le ragnatele dal soffitto e pulendo tutta la polvere accumulata durante l'anno. 

Poi, pensavano al pranzo che doveva essere succulento anche in barba alla miseria. Passava il Prete a benedire la casa e pure le uova che poi si mangiavano sode il giorno di Pasqua, magari a colazione.

Il martedì santo provvedevano a fare le  pagnotte impastate con farina integrale, strutto, qualche uovo, un po' di aromi, latte e uva sultanina. C'erano donne con famiglie numerose che ne facevano anche una quarantina che una volte cotte presso il forno pubblico, venivano messe in una madia dove si mantenevano oltre un mese.

Mentre il giovedì santo, facevano la ciambella che una volta preparata, veniva messa su dei lattoni che forniva il fornaio e poi cotta nel suo forno a legna. L'odore caratteristico delle ciambelle cotte, si sentiva da lontano, tanto da far venire l'acquolina in bocca. Oltre alla ciambella, con il rimasuglio che rimaneva sul tagliere, facevano dei ciambellotti per i piccoli che altrimenti non ce la facevano ad arrivare al giorno di Pasqua.

Il venerdì santo era il giorno dei cappelletti fatti a mano, mentre il sabato provvedevano ad uccidere il coniglio, oltre a munirsi di un pezzo di agnello per mantenere la tradizione,  e una vecchia gallina per tagliare il brodo di carne comprata dal macellaio. Tutta roba nostrana che le famiglie allevavano per conto proprio.

Mentre gli uomini erano addetti a procurare del buon vino che di solito era il  Sangiovese, ma si fornivano anche di qualche bottiglia di Albana dolce da bere con la ciambella.

E, il giorno di Pasqua, dopo essere andati a Messa, tutti a tavola a mangiare tutte quelle cose buone preparate con tanta cura dalle azdore che usavano tegami di cotto anche sprangati e vecchi come il cucco, in quanto, la carne cotta in quei tegami aveva un sapore migliore di quella cotta nei nuovi.

Un pranzo da leccarsi i baffi come si usa dire.

Oggi, le cose sono di molto cambiate: si va volentieri al ristorante anche perchè i figli se ne vanno per conto loro e i loro genitori, anche per risparmiare tempo e fatica, vanno a mangiare dove è già pronto, ma pur buono che sia, non è mai come quello di quei tempi.