Il disgusto dell'italiano medio per le vicende politiche di casa nostra e lo stato di sfiducia che ne deriva contribuisce di giorno in giorno a rafforzare un sentimento di rassegnazione e vuota accettazione che lede la caratteristica più importante del popolo italico, la nota che più ha contraddistinto la nostra fortuna nel mondo: la voglia di creatività.

In un sistema in cui le regole, le dinamiche politiche e burocratiche e le "schifose" storture del sistema politico riempiono le menti di negatività e malessere, appare arduo liberare il pensiero illuminato e artistico, intendendo con la parola Arte qualsiasi attività del mondo che neghi la ripetitività del gesto ma sappia far luce sulle mille sfaccettature che qualsiasi mestiere (amato) porta con sé.

Sempre più spesso, invece, assistiamo al talento di giovani che si muovono all'interno di regole prestabilite da una società a cui non importa la creatività e che è mossa da mere logiche di profitto utilitaristico, dimenticando che laddove l'italiano, per dna o per grazia concessa, si è da sempre riuscito a distinguere, dando un contributo alle generazioni future di tutto il pianeta, è proprio nella dimensione creativa.

A chi addebitare la colpa di tutto ciò? Alla politica, al sistema in generale? Si ma solo in parte. La voce non può emettere suoni se non siamo noi stessi ad aprir bocca, a fare sentire che il lavoro nobilita l'uomo e non lo deve rendere schiavo, a far sentire che il rispetto del prossimo si manifesta anzitutto nel garantirgli la possibilità di espressione e di invenzione.

È adesso il momento di lasciar perdere le lamentele nei confronti di una società che, probabilmente, vuole tener basso il profilo individuale per alimentare un sistema di automi esecutori ma non pensanti. Il termine indignazione ha fatto il suo tempo, occorre reinventarsi e rispolverare il talento che ognuno di noi possiede in qualche attività.

E se qualcuno potrebbe obiettare che con i sogni non si mangia, dimentica che è possibile anche mangiare e morire da schiavi.

Diceva Seneca: non esistono venti favorevoli per il marinaio che non sa dove andare.