Difficile rimanere impassibili ed insensibili di fronte all'immagine di Antonio Conte seduto su un'altra panchina, ovvero quella della Nazionale. Ancora brucia, quell'addio di metà luglio: è una ferita che probabilmente non riuscirà mai a rimarginarsi del tutto. Vederlo agitarsi, urlare, richiamare i giocatori; vedere le facce di Angelo Alessio e Massimo Carrera: sembrava che tutto fosse tornato come prima, che ogni cosa fosse tornata al suo posto. Perché il posto di Antonio sarebbe lì, su quella panchina che, tra una settimana, per la prima volta sarà invece occupata da Massimiliano Allegri, suo successore.

Ieri sera, ad un certo punto, è parso di risvegliarmi da un brutto sogno, un incubo: e invece no. Antonio, sul campo, è sempre lo stesso, ma la panchina non è più quella. Certo, anche i grandi amori finiscono e nulla è eterno. Conte e il tifoso della Vecchia Signora adesso, sono come due innamorati che, dopo tre anni di passione alle stelle, hanno deciso di lasciarsi perché era impossibile riuscire ad amarsi di più. Peccato, perché ci si sarebbe potuti amare diversamente, ma sempre amare. Oggi, invece, fa male. La nostalgia che ieri sera mi ha pervaso, all'ingresso in campo del nostro ex Mister, è un qualcosa che rimane dentro, che incupisce l'anima, come una di quelle giornate di nebbia e smog che non lasciano intravedere spiragli di cielo.

Tutto passa, tutto scorre, ma accade per ogni grande amore, non si può far finta di nulla, come se nulla fosse accaduto. Arriverà il momento della comprensione, arriverà il momento in cui riuscirò a guardarlo con gli occhi benevoli di chi magari non ha capito e compreso certe scelte, ma è comunque in grado di accettarle.

Arriverà il giorno in cui tornerò ad ascoltare il tuo coro "Senza di te non andremo lontano, Antonio Conte nostro Capitano". Oggi, ancora non ci riesco. Oggi fa male, fa ancora molto male. Buona vita Antonio: chissà se le nostre strade torneranno ad incrociarsi, un giorno o l'altro. Il tempo è galantuomo e aiuta a riflettere, a capire, a superare certe incomprensioni. Il tempo non cancella i ricordi, ma aiuta a smussare gli angoli più appuntiti. Oggi non ancora. Oggi non è ancora il tempo del perdono: oggi, è ancora il tempo delle lacrime.