Mentre in Italia il calcio diviene ogni giorno di più motivo di scontro, astio e acredine, quando si passa il confine, ci si rende conto di come invece, questo sport, possa ancora essere vissuto semplicemente per quello che è, ovvero un gioco meraviglioso. La doppia sfida di Champions tra Juventus e Porto, in tal senso, è stata decisamente illuminante per chi, come il sottoscritto, vive intensamente la propria passione, consapevole del fatto che i reali problemi della vita sono altri. Ben vengano gli sfottò, le discussioni tra amici, le chiacchiere al bar, ma c'è un limite a tutto, ovvero alla pazienza, alla decenza, all'ignoranza.
È per questo, cara Oporto, che non smetterò mai di ringraziarti, perché mi hai fatto riassaporare il valore primordiale dei sentimenti, delle cose, delle azioni, delle persone. Il rispetto, la cortesia, la tolleranza, sono valori sempre più emarginati dalla nostra Società, dal nostro mondo troppo frenetico e caotico che spesso ci fa dimenticare l'essenza dell'essere umano, trasformandola in assenza dell'anima.
In Portogallo ho conosciuto dei fratelli, con cui ho condiviso la stessa passione per il calcio, anche se i colori e le bandiere erano diverse. Ho conosciuto l'anima di una città forse un po' indolente e pigra, ma sempre pronta a dispensare un sorriso, una pacca sulla spalla e quattro chiacchiere davanti ad una tazzina di caffè o ad un bicchiere di vino o birra.
Ho incontrato tifosi di una squadra battuta due a zero sul proprio terreno di gioco che non si sono attaccati alle decisioni arbitrali per giustificare la sconfitta ma che invece, molto onestamente, hanno riconosciuto il valore superiore dell'avversario. Tifosi che, col biglietto aereo in mano, erano già pronti per la sfida di ritorno, quella disputata ieri sera allo Stadium, perché nell'impresa ci si deve credere sempre, sino all'ultimo respiro, sino alla fine.
Già, fino alla fine, ovvero quel mantra che è proprio (o che dovrebbe essere proprio) di ogni tifoso juventino. Tifosi che, nonostante la sconfitta, anche ieri sera hanno cantato e sostenuto la loro squadra fino al 93esimo.
Ho incontrato tifosi che chiedevano di scambiare le sciarpe, perché la Juventus è una Società ricca di tradizione, storia, gloria.
(se poi vai a dare una occhiata al palmares dei lusitani ti rendi contro che non ha proprio nulla da invidiare a quello della Vecchia Signora). È questo che in Italia non esiste più: il rispetto reciproco, il riconoscere la forza dell'avversario quando si rivela migliore di te. Dovremmo cercare di essere tutti un po' più umili, un po' più aperti verso il nostro prossimo e verso il mondo. In fondo, il calcio non è che una sfumatura di un più complesso mosaico colorato che si chiama vita. E, in Portogallo, di sfumature, di colori e di vita, ne ho assaporati davvero molti.
Obrigado, Porto. Até a vista.