Nelle scorse settimane il commento del deputato Alessandro di Di Battista (M5S) aveva destato scalpore e sdegno da parte di tutte le forze politiche antagoniste al partito di Grillo, in parte frutto della solita abitudine tutta italiana di strumentalizzare ed estrapolare singoli periodi o parole da un contesto più ampio e facendo assumere loro significati spesso diametralmente opposti. Ciò detto è altrettanto vero che tentare di giustificare la decapitazione di essere umani, le esecuzioni di massa e barbarie simili con la frustrazione di popoli da sempre soggiogati al potere occidentale risulta essere un'ipotesi assai fantasiosa, oggettivamente insostenibile.

In una parte dell'opinione pubblica si stanno radicando pensieri che in qualche modo tendono ad ammettere la liceità di tali reazioni, assumendo quali cause della polveriera attuale sia le politiche scellerate utilizzate dagli U.S.A. ai tempi della guerra fredda, sia gli interessi economici nascosti dietro a quella che viene definita come "esportazione di democrazia", come dire "chi semina vento raccoglie tempesta".

Occorre provare a distaccarsi per un attimo dal sentimento di incondizionata appartenenza politica ed osservare, non semplicemente guardare, la decapitazione dei due giornalisti americani Foley e Sotloff con un'ottica più umana. Nel 2014 esistono ancora persone che giustiziano con un colpo di pistola alla nuca esseri umani bendati, con le mani legate dietro la schiena, colpevoli solo di non rappresentare la medesima linea di pensiero, altri che davanti ad una telecamera tagliano teste a "civili" per diffondere terrore a livello globale.

Il significato primario di tutto ciò è uno ed uno solo: il tentativo di portare il "modello di democrazia e civiltà occidentale" in alcune parti del globo è miseramente fallito e non esistono i presupposti per continuare in tale opera. La guerra è sempre crudele, ovunque si combatte, si sopravvive, si viene catturati e fatti prigionieri, si può anche morire, ma non così.