Restiamo muti quando vediamo all'opera la follia distruttiva; e non riusciamo a capire come sia possibile che persone, presumibilmente dotate di buone conoscenze e alte competenze e che, per definizione, dovrebbero avere grande sensibilità, non si avvedano del superamento di un limite, ostinandosi a tenere comportamenti che sono il retaggio di altre epoche. Ringraziamo Muti - il Maestro Muti - che, in un salutare soprassalto di dignità, abbandona la direzione artistica del Teatro dell'Opera di Roma e denuncia la ingovernabilità di uno dei pilastri della cultura italiana, ostaggio di un atteggiamento rivendicativo violento dei "professori" dell'orchestra, già ampiamente abusato ma, ora, evidentemente divenuto insopportabile.
Come è triste vedere un cieco aggirarsi fra noi con il suo bastoncino bianco o con il suo cane guida, perché pensiamo alla dolorosa mancanza di un bene, come la vista, di cui noi siamo dotati e perché ci chiediamo quale malattia o accidente possano aver causato quella perdita; mentre non saremmo affatto tristi se sapessimo che quella persona si fosse accecata da sola, così non possiamo che essere indignati nel vedere persone, tutto sommato privilegiate, per il lavoro che possono fare, da cui potrebbero e dovrebbero trarre piacere e soddisfazione, anche essendo credibilmente frutto della loro passione oltre che del loro lungo studio, distruggere l'istituzione che consente loro di esprimere la loro arte.
Una istituzione oltre tutto pubblica, non soltanto perché ampiamente sovvenzionata da enti pubblici, ma anche, e soprattutto, perché legata ad un vasto pubblico di persone, appassionate e attente, che trova nella musica classica un sano e colto modo di ricreazione nel turbinio delle quotidiane inquietudini.
Perciò dobbiamo essere grati al Maestro che, con il suo abbandono, ha denunciato i comportamenti inqualificabili degli orchestrali e, presumibilmente, le carenze di una gestione del bene pubblico, troppo al di sotto di tutte le normali esigenze, vuoi per timidezza vuoi per complicità, verso e con un sindacalismo arcaico e distruttivo.
Fortunatamente il sindacalismo italiano non è tutto così ma, ora, occorre che questo sindacalismo raccolga tutti i frutti del suo anacronistico ribellismo alla realtà; ora bisogna che chi di dovere tragga tutte le conclusioni del caso; ora non ci si può aspettare altro che l'orchestra dell'Opera di Roma venga sciolta.
La violenza non è mai consigliabile ma, come ha detto Renzi in America, se c'è ancora chi non capisce - non vuol capire - non possiamo fare a meno di sottoporlo ad un qualche cambiamento, anche violento.