A volte gli incubi ricorrono e pazienza se trattasi di suggestioni anonime. In questi giorni è tornato attuale il tema della fusione fra Genoa e Samp. Merito (o colpa) del signor A.P. che con una lettera al Secolo XIX ha riesumato l’idea in auge prima dell’avvento di Preziosi al Grifone, consistente allora in una più o meno occulta fagocitazione del derelitto Genoa nella ‘vincente’ Sampdoria. Il buon senso ha prevalso allora e prevarrà in futuro ma qualche considerazione sulla lettera va fatta, anche solo per comprendere che tipo di calcio e di ‘audience’ sta sviluppandosi.

Un ‘mostro’ calcistico

Le motivazioni ‘fusionistiche’ che il Secolo ha deciso due giorni fa di pubblicare, prendono le mosse da un’errata concezione secondo cui una sola squadra a Genova potrebbe competere in fatto di spartizioni dei diritti tv (80% dei proventi) quindi sul campo, con le grandi. Falso perché, pur accreditando un minimo incremento di qualche voce, si parlerebbe di un bacino d’utenza comunque inferiore a quello derivante da una sommatoria delle due tifoserie e la cifra resterebbe sostanzialmente invariata. Si genererebbe un ‘mostro’ senza storia e per questo senza seguito, un po’ come avvenne a Wimbledon quando la squadra fu spostata a Milton Keynes con rifondazione del Wimbledon Afc nelle leghe minori e ‘Dons’ in cerca di tifosi in una nuova piazza.

Certo, qui non si tratterebbe di uno spostamento di città ma seppellire una rivalità perdurante dal 1946 con sfide drammatiche e storie epiche, sembra un deterrente e non un invito a tifare.

La fiera e civile rivalità tra due popoli

Se il discorso economico può comunque essere accolto, pur se con numerose eccezioni, è preoccupante l’approccio affettivo: si descrivono due tifoserie appassionate come se si trattasse di qualche gruppetto che segue una delle due squadre cittadine, avendo però nel cuore qualche ‘grande’magari milanese.

Questa, forse, la motivazione più offensiva verso due popoli sicuramente diversi ma fieri della loro rivalità e della fedeltà (ognuno a suo modo) nei valori della propria ‘sponda’. Gente che, senza badare a risultati e categorie gioisce, soffre, fa enormi sacrifici per la squadra e di certo non divide il cuore con qualche ‘grande’.

Suona ancora più sinistro che il riesumatore della proposta sia un simpatizzante (appunto) del Genoa,lui sì intento a seguire i destini di un’altra squadra e perfino a sperare nei buoni risultati della Samp. Una persona atipica, neppure definibile un tifoso se si considera la fedeltà una conditio sine qua non del tifo che, vedendo pubblicata la sua missiva sul principale quotidiano cittadino, ha riportato in auge una questione che, fondamentalmente, è destinata a restare su carta. Quella stessa carta che presto dovrebbe pubblicare la replica che un gruppo di genoani (con tanto di firme) ha inoltrato e che per correttezza andrà resa nota. Anche solo per dare voce a chi è stato chiamato in causa – seppur indirettamente – da un anonimo che in poche righe ha fatto rivivere un incubo unanimemente ritenuto tale.

I sampdoriani forse saranno abituati alle fusioni ma i genoani rinuncerebbero a tutto meno che al nome, alla Maglia e al 1893; mentre chissà gli anziani ‘sampdoriani da una vita’ immortalati finanche nella fiction Rai su Gigi Meroni (anni '60) per quale tra Dominante, Andrea Doria, Sampierdarenese, Liguria o magari proprio Genoa, avevano tifato tra il 1898 e il '46. Il Genoa potrà anche morire ammazzato o per colpe proprie ma di certo non si fonderà.