A questo mondo tutto cambia. Cambiano le abitudini degli italiani, cambiano gli usi e i costumi, e quindi non fa certo sensazione che anche la nostra bella lingua possa subire cambiamenti e mutazioni. Si tratta di "iniezioni di linfa nuova" al nostro linguaggio. Forze nuove che hanno, almeno stando agli intenti degli innovatori, l'intenzione di rinnovare e svecchiare il linguaggio, sia parlato che scritto. Questi cambiamenti non riguardano solamente singole parole, ma anche espressioni come l'ormai storico "ma che c'azzecca" dipietresco.
Nonostante la buona volontà di quanti si sforzano di ringiovanire l'italico esprimersi, alcuni di questi neologismi spariscono dalla circolazione nel proverbiale spazio di un mattino.
Alcuni di questi, quelli più resistenti, vengono, col tempo, inseriti nelle nuove edizioni dei dizionari e "sdoganati" persino dall'autorevolissima Accademia della Crusca, istituzione che da secoli governa il "bel parlare" in Italia.
Anche ineologismi risentono delle mode del momento
I neologismi fioriscono abbondanti nella nostra lingua. Si tratta di espressioni provenienti da svariati ambiti della vita di ogni giorno. Ve ne sono stati e ve ne sono alcuni provenienti dal mondo della politica, come l'ormai storico, in quanto risalente agli anni Ottanta "pentapartito", o come il più recente neologismo, ormai non più in voga, "bamboccione" spesso usato al plurale, ovvero "bamboccioni", che stava ad indicare una particolare categoria di persone, giovani ma non più giovanissimi, i quali si ostinavano a non volersene andare da casa per formare una propria famiglia.
Una variante sul tema è l'ancora più recente "choosy", coniato dall'ex ministro Elsa Fornero, e che stava a designare gli "schizzinosi" in campo lavorativo.
Non è però solo la politica a fornire, o meglio a tentar di fornire, linfa nuova alla nostra lingua. Vi sono anche termini mutuati da libri e romanzi come "sgarrupato", parola dal sapore partenopeo, entrata nel parlare comune dopo l'uscita del libro di Marcello D'Orta intitolato "Io speriamo che me la cavo".
Oppure, ancora, ilverbo "babbiare", tanto caro al commissario Salvo Montalbano, uscito dalla penna di Andrea Camilleri, sdoganato dal dizionario Zingarelli, che lo inserirà nell'edizione 2016.
Un altro grosso bacino di neologismi è rappresentato dal mondo dell'informatica, al quale si devono nuovi termini quali, ad esempio, "tweet" per indicare il cinguettio breve di notizie legate al social network Twitter.
Va segnalato che i neologismi provenienti dal cosiddetto "informatichese" sono i più resistenti al passare del tempo e delle mode. Come si diceva prima, vi sono però anche innovazioni legate all'entrata nell'uso corretto e comune del parlare, di espressioni che i maestri di un tempo avrebbero segnato con la matita blu, non solo rossa. Ci riferiamo alle espressioni "a me mi" e "ma però" che qualche anno fa l'Accademia della Crusca ha accettato come corrette, definendole dei rafforzativi e quindi levandole dalla "lista nera" degli strafalcioni linguistici.