"La maggior parte dei genitori di ragazzi in questa fascia di età, non conoscono questa opportunità". Così dichiara nell'intervista esclusiva Massimiliano Viatore, Presidente dell'AFSAI(Associazione per la Formazione, gli Scambi e le Attività Interculturali).
Può descriverci nel dettaglio le attività dell'AFSAI?
L'Afsaiha come obbiettivo principale quello di fornire ai giovani,attraverso progetti di mobilità internazionale,opportunità di esperienze che, oltre a un arricchimento personale, favorisconola conoscenza dei popoli e contribuiscono a combattere il consolidarsi dipregiudizi e stereotipi.
Facciamo questo dal 1958 avvalendoci di strumenti importanti quali gli scambi scolastici all'estero ed il volontariato internazionale.
Qual è l'oggetto della ricerca effettuata?
Abbiamo commissionatola ricercaall'Istituto Piepoli, per verificare il livello di consapevolezza degli studenti e dei ragazzi in merito al programma scolastico all'estero che vede protagonisti ragazzi tra i 15 e 18 anni. In merito alla ricerca direi che la maggior parte dei genitori di ragazzi in questa fascia di età, non conoscono questa opportunità e quando la conoscono ne hanno una visione parziale o distorta. D'altro canto gli stessi insegnanti, pur reputandola teoricamente importante, creano moltissimi ostacoli ai ragazzi.
La maggior parte delle volte queste difficoltà riguardano le modalità di rientro e reintegrazione dei ragazzi nel corso di studio normale.
Perché è così importante un periodo di studio all'estero?
Un periodo di studio all'estero è un processo importante per l’educazione e la formazione dei giovani. Nei programmi scolastici all’estero, l’apprendimento interculturale trova la sua massima espressione, indipendentemente dal paese in cui vivranno.
La permanenza all’estero è un’esperienza individuale e collettiva allo stesso tempo. I ragazzi apprendono nuove cose, conoscono e si confrontano con culture diverse, imparano a fondo una lingua straniera e si rapportano quotidianamente con stili di vita diversi dalle proprie. Si immergono in un gioco di relazioni con le persone del luogo, ma anche con altri studenti provenienti da altri paesi.Tutto ciò fa crescere in ognuno di loro un senso di appartenenza a qualcosa di più grande dei propri confini culturali, geografici e mentali, predisponendoli ad accettare differenze di etnia, religione e provenienza senza alcun pregiudizio.
Potrebbe esporci i risultati più interessanti che sono emersi dallo studio?
Non ci aspettavamo dei giudizi così positivi soprattutto da parte degli insegnanti. La problematica maggiore che riscontriamo è la difficoltà nel gestire sia il periodo di permanenza all’estero sia il reinserimento in Italia dello studente nel percorso di studi. Nonostante la nota ministeriale del 2013 abbia fornito le linee guida da seguire, rimane poca chiarezza sull'aspettodidattico. Gli studenti difficilmente, prima della partenza, ricevono dai docenti una definizione chiara delle azioni di sostegno. Allo stesso modo, i docenti riscontrano delle difficoltà oggettive a giudicare in termini di crediti scolastici quanto studiato all’estero. I docenti non disponendo deglistrumenti per poter valutare gli studenti al loro rientro, suggeriscono spesso di frequentare all’estero periodi più brevi perché reputano la gestione più semplice.