La rivoluzione c’è stata nelle urne. I risultati dei ballottaggi sono una cartina al tornasole: gli italiani vogliono voltare pagina e per farlo hanno ributtato la politica dei comitati d’affari, delle decisioni imposte dall’alto, votando M5S. I Dem perdono la bellezza di tredici sindaci nei comuni capoluoghi e a Roma vince Virginia Raggi con il 67% dei consensi rispetto a Roberto Giachetti, che ha realizzato solo il 32% delle preferenze. E’ lo stesso Giachetti, in un’intervista al Corriere della Sera, a dire che il Pd si è rivelato una zavorra e che in strada durante la campagna elettorale molti gli ripetevano come un mantra “nulla di personale, Giachè, ma tu rappresenti il PD.” Sarebbe il caso di dire "tu rappresenti Renzi"?
A guardare cosa è successo realmente, il dissenso nei confronti di Renzi è ben palese, gli elettori l’hanno espresso chiaramente, accompagnando alla porta Piero Fassino che ha raccolto il 45% dei consensi rispetto a Chiara Appendino, che ha realizzato il 54% di voti, ed è la nuova sindaca pentastellata. Torino, roccaforte operaia da sempre, di sinistra, ha deciso che era arrivato il momento di svoltare, premiando un nuovo volto, una giovane donna che forse ascolterà le ragioni dei cittadini, soprattutto i No TAV, criminalizzati da anni, e che forse adesso saranno ascoltati come soggetti che vogliono contare nelle decisioni da prendere. Torino, minacciata in campagna elettorale dalla Ministra Maria Elena Boschi, che aveva avvertito i torinesi di stare attenti in quanto avrebbero potuto perdere i finanziamenti per la cittadella della salute.
Gli elettori per nulla intimiditi hanno rispedito al mittente il monito ed hanno votato di conseguenza.
Renzi rottamato dagli elettori
Una sfida aperta, che vede un segretario del Pd, nonché Premier, incassare la sconfitta, sorvolare e, senza lasciare nessuna dichiarazione, rimandare il tutto a Venerdì 24 giugno quando riunirà la direzione del partito per entrare con un lanciafiamme, come aveva dichiarato prima dei ballottaggi.
Renzi parla di una seconda rottamazione, ignorando che sono stati gli italiani a rottamarlo per via candidature calate dall’alto, che più che rappresentare la società civile erano espressione della nomenclatura partitica. Che sia una debacle è un dato incontestabile, tanto che la Germania segue cosa sta accadendo da vicino, in quanto, seppur si sia trattato di un voto amministrativo, è innegabile l’indebolimento del Governo Renzi, ragion per cui il Premier dovrebbe cambiare atteggiamento, per non rischiare di rimanere invischiato in acque paludose e stagnanti.
Lo tsunami dei ballottaggi ha messo in evidenza uno scollamento degli aderenti allo stesso partito, tanto che il vicesindaco uscente di Savona Livio Di Tullo ha annunciato di voler abbandonare il Partito Democratico.
Governo più debole dopo i ballottaggi
Renzi farà un mea culpa per come ha gestito la campagna elettorale, o come al solito addosserà ogni colpa alla minoranza interna del Pd messa all’angolo, ingiuriata con l’appellativo di gufi e rosiconi? Il consenso si costruisce a partire dai comuni, dalle realtà locali. Aver ignorato questo piccolo particolare è stato un errore madornale. Con queste elezioni gli italiani hanno dimostrato che tengono tantissimo alla democrazia, e l’affermazione dei penta stellati lo dimostra e lo sottolinea inequivocabilmente.
Anche nelle società animali ci si affida a un gruppo e non ad un capo. Le decisioni si prendono insieme. Piero Calamandrei affermava: “Che cosa vuol dire libertà, che cosa vuol dire democrazia? Vuol dire prima di tutto fiducia del popolo nelle sue leggi: che il popolo senta le leggi dello Stato come le sue leggi, come scaturite dalla sua coscienza, non come imposte dall’alto.”.