Isis, Al Qaeda e tanti altri componenti della variegata "galassia jihadista". Passeranno alla storia come la grande minaccia dei primi decenni del XXI secolo ma con ogni probabilità, quando l'argomento negli anni a venire sarà trattato a mente fredda e con lucida analisi, non si potrà fare a meno di ammettere quanto forte e praticamente perfetta sia la strategia di comunicazione dei gruppi terroristici. Lo Stato Islamico, considerato oggi il nemico pubblico numero uno, non è un modello di organizzazione militare e lo dimostrano le sconfitte in campo aperto che ne stanno riducendo drasticamente i territori controllati in Medio Oriente.

Rasenta la perfezione, invece, l'utilizzo delle moderne tecnologie utili ad acquisire "nuovi soldati" esterni alle zone di guerra. Le rivendicazioni alla fine sono puramente simboliche ed opportunistiche. Gli attentati messi in atto in Europa dimostrano come ogni singola cellula sia in grado di pianificare le azioni senza alcuna indicazione dai vertici. La strategia vincente arriva dalla propaganda sul web, diretta sia ai musulmani che vivono nei Paesi occidentali ma anche ai cittadini non musulmani che non si rendono conto di entrare nel tragico gioco, loro malgrado.

I canali della jihad

Il "mondo Isis" viene presentato ai musulmani come una missione da compiere in nome di Allah, un lavoro iniziato secoli addietro che ora deve essere portato a termine contro gli "infedeli" che non sono soltanto persone di diverse confessioni ma anche esponenti dell'Islam che vivono e lavorano in Europa senza curarsi di ipotetiche guerre sante.

Il messaggio fa presa su soggetti che vivono in zone disagiate, come accaduto in Belgio e Francia, ma anche su soggetti chiaramente psicolabili. Sono individui che, sentendosi ai margini o praticamente "dispersi" nel mondo occidentale, accettano di buon grado la "soluzione Isis" come risposta ai loro patemi. La frequenza di attentati sta ovviamente allarmando la collettività: c'è gente attanagliata dalla paura ma ci sono anche coloro i quali trovano finalmente una giustificazione al loro becero razzismo.

Tutte queste persone finiscono per considerare "nemico" qualunque soggetto di religione islamica e possono rendersi protagonisti di atti discriminatori e violenti. I social network, ad esempio, sono sempre più utilizzati come propaganda di una vera e propria "caccia alle streghe". Questo è il secondo canale della jihad, ad uso e consumo inconsapevole dei non islamici.

Un musulmano vittima di discriminazione etnica, infatti, potrebbe ipoteticamente decidere di abbracciare la causa dell'Islam radicale al semplice scopo di reagire a tali atti. Ecco perchè l'Isis avrebbe in realtà tutto l'interesse a mantenere viva la cieca islamofobia professata da un numero sempre maggiore di persone.