La Scuola italiana è sempre più nell'occhio del ciclone. Secondo tutti i governiche si sono succeduti in questi ultimi anni, gli insegnanti sono gli unici responsabili di tutti i malanni e gli acciacchi del nostro sistema di istruzione.

Imali della scuola: per la Legge 107/2015, è tutta colpa dei professori

La recente riforma scolastica renziana ha puntato la sua azione, non sulle problematiche, sulle dinamiche e sulle inadempienze della famiglia contemporanea, povera di affettività, carente nella socializzazione e incapace di imprimere un’adeguata educazione e disciplina ai propri figli, ma si è concentrata maggiormente sulla quantità e sulla qualità dell’insegnamento, pensando, erroneamente, che la competizione tra i docenti e la meritocrazia tra gli stessi fossero la ricetta giusta di un male quasi incurabile, insito, è vero, nella passività visibile ed evidente di molti docenti italiani.

Questo malessere degli insegnanti, secondo molti, va ricercato esclusivamente nella carente gratificazione in termini economici relativamente ai loro emolumenti. Assistere anche alla loro ‘incriminazione’ e crocifissione come inqualificabili professionisti della formazione è davvero inaccettabile, oltre che paradossale.

La morte del merito in favore della rottamazione: prossima cancellazione dell’anzianità di servizio

Da quanto si apprende, la prossima azione riformatrice contenuta nella Legge 107/2015 si concentrerà, nelle prossime settimane, sull'inaspettata abolizione, capillare e puntiforme, di alcuni diritti acquisiti da gran parte degli insegnanti, mediante la cancellazione di quello che era da sempre considerato il più importante requisito per chi fa parte di questo mondo, cioè l’anzianità di servizio.

Per un insegnante e, soprattutto, per un Dirigente Scolastico questo criterioè stato, da sempre, considerato fonte di sapere, di esperienza, di conoscenza, di competenza, di professionalità e, soprattutto, di prestigio; a breve assisteremo a quello che è avvenuto in politica negli ultimi due anni e mezzo, dove l’unica parola d’ordine è stata e continuerà ad essere ‘rottamazione’.

Questa parola è uguale a quella pronunciata sovente dallo stesso Matteo Renzi e adoperata troppe volte, in nome del cambiamento e del rinnovamento di un Partito Democratico considerato troppo stantio. Oggi, lo stesso partito si trova, guarda caso, al minimo del suo consenso, forse per colpa della discrasia tra i roboanti annunci e il ‘disfare’ di chi li ha abbondantemente pronunciati, oltre che per l’arroganza di un impavido condottiero che ha occupato tutti i posti di comando, dimenticando di essere stato eletto solo per le promesse fatte.La miopia, oramai, ha superato la soglia di sopportazione per molti operatori della scuola pubblica e quando riformare e rottamare significa cancellare, spazzare, calpestare tutti i diritti dei lavoratori, marchiandoli con l’appellativo di fannulloni e inefficienti, diventa difficile stimare chi avuto questa infelice idea, guardando con positività il prossimo futuro che li aspetta.

Un tentativo impossibile: contratti a termine come il welfare anglosassone

Anche dal punto di vista contrattuale, con la nuova riforma copernicana voluta dal nostro Premier Renzi, le cose sono abbondantemente peggiorate. Quello di Renzi, a proposito di questa tematica, è stato un pallido tentativo di equiparare i contratti di lavoro a termine (con la possibilità del rinnovo) con quelli dei numerosi paesi europei, sempre più imperniati su un sistema di welfare di origine anglosassone, dove chi lavora ha la possibilità di avere rinnovato il contratto e chi fa il ‘fannullone’ viene immediatamente licenziato. Nella scuola, secondo il nostro modo di vedere, questo sistema non può trovare nessuna applicazione perché la professione docente si fonda sull'esperienza e sulle competenze didattiche (per tutto questo non basterebbero neanche venti anni) e non sulla produttività, qualità legata, invece, esclusivamente, al settoreindustriale.