La statua del Redentore a Rio é un marchio di fabbrica per una festa dello sport che mette in luce la fratellanza fra i più forti e l'oblio per chi non riesce a giungere sul podio, complice la televisione e il suo mercato pubblicitario. Le aziende pagano l'immagine che vince non quella che perde. Si assiste alla celebrazione del più forte, del campione da record sia esso sano o disabile, certamente é uno spettacolo, una sfida continua al record mondiale che quando si realizza é un progresso sportivo e umano che traccia però un solco fra il campione e chi campione non é.

E questo vale per intere nazioni, infatti dalla 73 alla 206 per ora, in elenco, c'é il vuoto cosmico di medaglie.

Ci sono campioni che da soli incassano premi: oro, argento, bronzo, più che la maggioranza delle nazioni partecipanti e guarda caso nei primi dieci Paesi ci sono sempre i soliti noti. Possiamo dire che un giorno gli ultimi saranno i primi? Statisticamente se non ci sono condizioni ottimali é difficile emergere, certo, i campioni parlano di sacrifici, però a parità di ore di allenamento un talento naturale un vero genio dello sport va naturalmente a vincere con record mentre l'atleta normale assiste al trionfo di un altro.

E questo vale per intere nazioni. Prendiamo il caso italia che ha gonfiato all'inverosimile l'immagine della sua portabandiera che poi in vasca non é andata una sola volta a medaglia, ma i suoi sponsor (contratti da cinque milioni di euro l'anno) potevano forse accontentarsi di una medaglia che forse non sarebbe arrivata e infatti non é arrivata?

No. Allora l'immagine della campionessa (che detiene comunque un record mondiale storico), doveva essere vincente e pompata come una ruota di bicicletta. Un'immagine pura, cioé senza ombre di doping, e gratificante per gli spot pubblicitari.

Quanta retorica sul suo non mollare

Insistere con staffette perdenti manteneva il suo nome in circolazione, poi però il pubblico ha incominciato a chiedersi: però, l'altra donna che come specialità fa i tuffi ed ha tre anni di più della divina ha preso due medaglie, fa pubblicità anche lei però é diversa.

Pensa ora a diventare mamma, a partorire. E qui parte una competizione fuori vasca. Gossip olimpico.

È incredibile quanto un nome debba essere ripetuto per essere ricordato, non basta nemmeno una medaglia d'oro se i telecronisti non ripetono incessantemente il tuo nome, provate a chiedere ad un italiano se ricorda i nomi delle prime tre medaglie d'oro vinte dall'Italia, mentre tutti sanno a memoria il nome della divina che non ne ha portata a casa una di medaglia.

Figuriamoci allora per tutti gli atleti anonimi che ingenuamente giustificano il proprio anonimato dicendosi: l'importante é partecipare. Niente di più falso. L'importante é vincere l'oro e se sei davvero un campione ci riesci ma va da sé che i posti in cima sono pochi. Lo spirito di Olimpia é sempre quello del più forte, del grande eroe anche disabile ma campione. Disuguale al massimo, iniquo, gerarchico, potente. È il potente che vince non l'impotente. La classifica finale é una guerra fra nazioni combattuta con le gare, l'oblio per i deboli la fama effimera per i forti che al presente paga assai.

Abbiamo assistito a campioni che resistono nel tempo per più edizioni olimpiche, senza doping perché puri (?), ricchissimi di soldi e di record mondiali infranti.

Ci entusiasmano, ci fanno stare bene per un po', danno una spinta forte, positiva al mondo, speriamo allora che questa spinta raggiunga un po' anche gli ultimi, coloro che non metteranno mai piede in una pista, in una vasca, in un podio. Scusatemi cari lettori, ma sinceramente, oggi nel mondo, sul trionfo degli ultimi in questa vita ho dei dubbi.