È di pochi giorni fa la notizia del suicidio di Tiziana Cantone, la ragazza che nell’aprile del 2015 trovò diffusi in rete alcuni suoi video hard, girati in modo consenziente, ma di cui non aveva autorizzato la diffusione sul web. Non si sa ancora precisamente chi, delle persone che possedevano i video, abbia iniziato a “farli girare” sui social, questo saranno le indagini a stabilirlo. Fatto sta che qualcuno mise pubblicamente alla gogna una ragazza, non di certo prudente, ma che non per questo meritava di essere uccisa click dopo click. Quello che probabilmente molti ignorano è il fatto che ogni singola persona che, tra risatine e insulti, ha ricevuto quei video e li ha, a sua volta, inviati ai propri amici non solo ha compiuto un reato, ma ha anche contribuito notevolmente alla morte di Tiziana Cantone.
E lo ha fatto ridendo, sottovalutando il problema, pensando che siccome Tiziana era stata così “sfacciata” da permettere quel video, ora meritava la derisione, il disprezzo, il bullismo di tutta Italia, anzi il cyberbullismo.
Si tratta di una forma di comportamento diffusasi enormemente negli ultimi anni, e rappresenta un atto di bullismo che si realizza attraverso la rete telefonica, la rete Internet, i social network, la messaggistica istantanea o altre piattaforme telematiche. Fortunatamente è proprio di ieri la notizia che la proposta di legge contro bullismo e cyberbullismo ha incassato il primo sì dalla Camera, e va verso l’introduzione di pene più severe soprattutto per il bullismo cosiddetto informatico, sia per i minorenni che per i maggiorenni.
Intanto lo scorso 20 settembre un’altra violazione della privacy, seppur di minore gravità, e diffusione di materiale privato, sono toccate a Diletta Leotta, giornalista di Sky. Sembra che alcune sue foto private siano state rubate da un hacker e diffuse successivamente in rete, a sua insaputa. Diletta non ci sta, e il suo pensiero è rivolto soprattutto a ragazze più giovani e deboli, che non riescono ad affrontare nel modo giusto una situazione simile.
Anche nel caso della Leotta, battutine, risate ed insulti gratuiti, sono volati sul web, sintomo di una superficialità che fa paura. E spaventa sia perché ci dimostra quanto i social network possano essere pericolosi e nocivi quando non si sa usarli con rispetto e moderazione, sia perché ci fa capire che in realtà questa superficialità appartiene a migliaia di persone che sostanzialmente commettono due terribili errori: il primo è quello di non mettersi mai nei panni degli altri.
Infatti potrebbe accadere a chiunque di essere ripresi privatamente (in modo consenziente o meno), con il rischio poi di vedere il video sul web. Numerosi anche gli episodi di vendetta degli ex fidanzati. Anche in questo caso potrebbe accadere a qualsiasi donna, sorella, madre di essere stata ripresa, senza saperlo, in passato da un ex fidanzato in momenti intimi e poi, dopo averlo lasciato, trovare il video che gira sui social network. Il secondo errore è quello di non ricordare che la privacy è un diritto inalienabile, e la sua violazione è punita dalla legge. L'art. 15 del Codice della Privacy (D. Lgs. n. 196 del 2003) prescrive: “Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’articolo 2050 del codice civile”.