Il film In guerra per amoreè in programmazione nelle sale dal 27 u.s. L’ultima fatica del regista Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto, era attesa da tempo. Dopo l’esordio del film La mafia uccide solo d’estate, premiato con il David di Donatello nel 2013, in molti si aspettavano la conferma delle doti cinematografiche del regista.

Siamo nel 1943, in piena seconda guerra mondiale. La narrazione si svolge tra New York e la Sicilia che si prepara allo sbarco dell’esercito statunitense, evento che condurrà alla liberazione. Arturo, interpretato dallo stesso Pif, vive a New York, è un giovane squattrinato, ma innamorato di Flora, promessa sposa ad un altro uomo.

L’unico modo che ha per riuscire a strappare il consenso a sposarla, è andare in un piccolo paesino della Sicilia e convincere il padre di lei. Poiché non ha neanche un dollaro per potersi pagare il viaggio, decide che l’unico modo per raggiungere la Sicilia è: arruolarsi nell’esercito statunitense.

Il film è una commedia; una commedia in agrodolce, in pieno stile "piffiano". Una storia alquanto debole e, perché no, anche banale, nel tentativo di calarsi in vicende storiche tristi che hanno segnato la storia dell’Italia. Eventi che risultano banalizzati dalla semplicità ed dall’ingenuità con cui vengono affrontati. Se da un lato il carattere del semplicismo televisivo, tipico di Pif, può non essere un limite, dall’altro da l’impressione che il film cavalchi la tipica tendenza "piffiana" di raccontare, come se fosse una fiaba, la mafia agli spettatori, ingenui bambini nutriti del luogo comune e dell’assioma Sicilia – Mafia.

Si ha l’impressione che Pif abbia compreso benissimo come la trattazione del bubbonemafia, servito in agro dolce, infiorato di debole impegno civile, risulti una carta vincente. Il taglio interpretativo dello sbarco americano, ne è un esempio; definito di liberazione, fu in realtà un’invasione, ed in questo non possiamo che concordare con le critiche mosse dal suo conterraneo Buttafuoco.

E che dire il placet dato dalla Mafia allo sbarco? Se la sua ambizione era raccontare la storia di un piccolo uomo, un ingenuo eroe per caso, di fronte ad avvenimenti importanti che hanno condizionato il futuro dell’Italia, forse c’è riuscito. Ma per favore, non parliamo di film eccezionale. Parliamo di una favola garbata, sì, ma pur sempre una favola.