Il povero palazzo agonizzante di via della farnesina, a Roma, è l'immagine stessa della capitale oggi: pieno di crepe, e tutti stanno a guardare.Fa tristezza, oltre che tenerezza, in quel suo arancio scolorito dal tempo e annerito dai fumi della circolazione stradale.Adesso è isolato, insieme adaltre quattro palazzine considerate a rischioe fino a pochi giorni fa descritte come "il cuore" di Ponte Milvio.Un cuore debole, evidentemente, fragile quasi quanto le spiegazioniche si provano a dare delle cause del disastro.
Il palazzetto arancione per adesso rimane lì, instabilmente immobile: i vigili lo controllano, gli uomini della Protezione Civile lo monitorano, i passanti lo disprezzano e i cani lo ammirano.Spiccanel degrado complessivo di una città vessata da amministrazioni che, per differenti vicissitudini, hanno armoniosamente provveduto a trascurarla.
La situazione attuale
Il tratto di Via della Farnesina che passa davanti alle zone del crollo è stato giustamente isolato a tempo indeterminato - o meglio indeterminabile - come spesso succede a Roma. Intanto si transita da via Cassia, e i crolli possono essere astutamente aggiratiattraverso via Prati della Farnesina.
La chiesa della Gran Madre di Dio sembraprovare misericordia per la palazzina, guardandola di fronte: la commisera, povero frutto di speculazioni edilizie avvicendatesi negli anni nel tentativo didivorare il Tevere.Speculazioni che hanno fatto acqua da tutte le parti, tranne che nelle tasche di spregiudicati "palazzinari"; gli stessi che la città di Roma avrebbe forse potuto contrastare se avesse avuto il coraggiodi candidarsi alleOlimpiadi del 2024.
Tra pessimistidel giorno dopo, ausiliari che sbuffano per cercare di gestire il traffico e negozianti infuriati contro la scalogna, l'area di Ponte Milvio è diventata un mausoleo della confusione: prima ostaggio di teatranti della "movida romana", oggi palcoscenico del tragicomico.
Come andrà a finire?
Adesso si sta attivando l'avvincente bagarre delle periziedi parte, preludio al maxi-processo che animerà le aule dei tribunali per anni e che probabilmente non vedrà, come in molti casi precedenti, né vincitori né vinti.Intanto c'è chi dice che i lavori di demolizionedelle parti pericolantidebbano essere a carico dei condomini, chi sostiene che una soluzione del genere sia uno scandalo: ci vorrebbe Rino Gaetano, un illustre romano di adozione per descrivere tutte le parti in commedia.
Il cielo di quest'ottobre è sempre più blu e ben si abbina alla palazzina arancione che continua ad allargarsia dismisura. Ha preso almeno due taglie, ormai si vergogna a farsi vedere così.
Verrebbe da urlare"Tear down this building!" parafrasando Ronald Reagan.
"Mettete fine a questa agonia, riaprite le strade, motivate le persone.
In breve, resuscitate questa città!"
Sembra un appello azzardato, quasi la richiesta diun miracolo, ma talvoltai miracoli accadono. È necessario rimettersi a fare quello che serve, giorno dopo giorno, e a pensare che la città sia un luogo da vivere, e non un insieme disorganico di ambizioni e interessi individuali.