Siamo alle solite, c'è chi dice no.Sempre, a prescindere, per partito (o Movimento) preso.La Capitale avrebbe potuto giocarsela.Magari vincere no, perché c'è in gara Los Angeles e altre città che forse, solo per certi aspetti, se la passano meglio dei ruderi che riposano sul Tevere.Con calma olimpica, esitodi agitate indicazioni del Direttorio, di direttori e di tutto il firmamentoa 5 Stelle, Virginia Raggi ha deciso di spegnere gli entusiasmi della città;mettendo un coperchio sulle legittime ambizioni capitoline di una candidatura, per il 2024 (non esattamente domani), a ospitare i Giochi Olimpici.

Una opportunità persa

Il povero Malagò è rimasto stupito, prima ancora che arrabbiato, dalla totale insussistenza istituzionale di una Prima cittadina da prima elementare.Farfugliare scuse per un ritardo grave con il presidente del CONI non è esattamente quella forza, quel vigore di cambiamento che il popolo a 5 Stelle sembra auspicare dalla "cittadina portavoce".

Le Olimpiadi sono una grande opportunità, un rischio che deve essere corso da una città mondiale come Roma. Rinunciando, Roma si ridimensiona a periferia: si lascia la città in balìa di un qualunquismo nullafacente e deprimente. Prima risolvere i problemi della città, poi eventualmente si pensaal resto.Sloganmisero, da lista civetta: prima assicuriamoci la carne, poi pensiamo al pesce.

Prima un tetto e poi, semmai, l'automobile. Prima il poco, poi il molto. Ma perché?Roma merita questo?

La città eterna, seppur vessata da amministrazioni inadeguate, è ridotta a mendicare da un sindaco improvvisato la possibilità di partecipare alle partite che contano. "O tempora, o mores!" avrebbe detto qualcuno che conosceva bene Roma.Adesso siamo in attesa di risolvere i problemi dei rifiuti, della viabilità, delle scuole, dell'edilizia.

Siamo in attesa di questo Godot che non arriverà di certo se l'amministrazione non sarà, come non è, in grado di indicare riferimenti minimi, che so...un assessore al bilancio!

Si rimane in bilico, con questa Raggi against the machine e nulla in mano, se non l'ostinata litania dei no a tutto.

Per convalidare una scelta dissennata, viene citata la "worst practice"deiMondiali di nuoto del 2009.

In molti però dimenticano quanto quella manifestazione abbia rappresentato per Roma uno slancio effettivo di internazionalizzazione, con Federica Pellegrini al top della forma e l'immagine delle piscine del CONI circondate dalle meraviglie del centro storico.Milano ha avuto l'EXPO e ha saputo trasformarlo in uno straordinario biglietto da visita per presentarsi all'Europa del futuro.Roma non solo non cerca di recuperare il gap, ma si nasconde dietro i problemi della quotidianità.La questione diventa quasi più sociologica che politica, due piani che spesso inevitabilmente si incontrano.

La città , dal primo all'ultimo cittadino, sembra aver issato bandiera bianca rispetto alle sfide della modernità.

Arroccata sui fasti del passato, Romasi è saziata di traguardi, non vuole correre più, come un vecchio campione ormai logoro.

Eppure è l'Italia tutta ad avere,da sempre, bisogno di una Roma dinamica per tenderea nuovi orizzonti. Pensiamo agli anni '60, al ruolo decisivo della Capitale per il cosiddetto boom.Proprio i più giovani, eletti per scompigliare, sconvolgere, cambiare, hanno deciso di optare per la politica del Gattopardo.

Non è ben chiaro quanto possa durare così l'amministrazione Raggi, è certamente chiaro quanto potrà contare così Roma. Poco, Pochissimo.E non giovaa nessuno, neanche al di là del Rubicone.