Una rivoluzione datata 8 Novembre 2016. Dimenticatevi delle colonie e della madrepatria, dimenticatevi degli ideali e dell'indipendenza. La rivoluzione di cui si parla è fatta di una pasta totalmente diversa, un po' amara e venduta a poco prezzo.
Una rivoluzione di razza
L'elezione di Donald Trump è il risultato di una rivoluzione della sinistra radicale, la sinistra dei bianchi che ha ingoiato un boccone troppo amaro quando a rappresentarli era stato un presidente nero. La supremazia bianca, l'elitismo sono stati messi in discussione per troppo tempo dalle leggi sull'uguaglianza, sulla parità dei diritti, sull'integrazione e l'accoglienza.
Politiche come quella di Trump nutrono storicamente il separatismo, i confini e il nazionalismo. I gruppi più estremisti della sinistra radicale hanno trovato in questa campagna elettorale un leader, una guida da seguire per riottenere quel poter troppo a lungo sottrattogli dall'America del melting pot.
La rivoluzione degli sconfitti
Questa è la rivoluzione dell'insoddisfazione. Piccoli imprenditori, lavoratori statali, disoccupati, impiegati, hanno deciso che l'alternativa al repubblicano Trump, non era accettabile, la vecchia politica non sarebbe stata più tollerata. Hillary Clinton ha rappresentato per la classe media un sistema politico obsoleto, disorganizzato ed egoista, per cui votarla non sarebbe stato contemplabile.
Le percentuali delle votazioni sulla base degli exit poll ottenuti dalla Clinton, sono difatti insoddisfacenti: soltanto il 54% delle donne ha votato per colei che sarebbe potuta essere il primo presidente donna degli Stati Uniti; soltanto il 12% degli afroamericani ha deciso di recarsi ai seggi, non vedendo nella Clinton la degna erede di Obama; per quanto riguarda il grado di istruzione, la democratica è riuscita ad ottenere la percentuale più alta (58%) rispetto a Trump, soltanto da coloro impegnati in un percorso postuniversitario, risultato magro per un candidato alla presidenza che aveva basato la sua campagna elettorale su un programma politico per i giovani, proponendo un istruzione molto più accessibile.
Donald Trump il nuovo Bernie Sanders?
Molti sono rimasti sorpresi dall'inaspettata diplomazia mostrata dal tycoon il giorno della vittoria. Con tono pacato ha espresso la più completa collaborazione con le potenze straniere, una macchina perfetta ed unita, parole che risuonano ben lontane dall'aspra visione separatista, fieramente americana, proposta da Trump durante il corso della campagna.
Donald Trump trasformato improvvisamente in un Bernie Sanders repubblicano di ritorno dalle Maldive? Forse non sarà poi così male, in molti avranno pensato trattenendo il fiato davanti allo schermo.
Eppure, perché Trump dovrebbe cambiare rotta, adottare la versione tradizionalista della politica, se è stato eletto proprio pubblicizzando un programma radicato nell'odio? Se gli elettori hanno conosciuto il marcio delle sue idee e, nonostante questo hanno preferito eleggerlo come 45° presidente degli Stati Uniti, perché mai ora dovrebbe volersi infilare quel paio di pantaloni più piccoli di due taglie? Si sta comodi così, avrà pensato.
Trump e i repubblicani
A differenza di Obama, Donald Trump avrà, fra due mesi, molti più sostenitori all'interno di entrambe le camere del congresso di quanti già non ne abbia.
A Trump, infatti, spetterà nominare un nuovo giudice della corte suprema, attualmente divisa in quattro giudici repubblicani e quattro democratici, non sarà quindi difficile immaginare da che lato penderà l'ago della bilancia.