Juncker imita Mussolini: " Me ne frego", replica al premier Renzi che - una tantum - si ricorda della sovranità nazionale e giustamente chiede all'Unione Europea molta più flessibilità per le emergenze Terremoto e migranti. Purtroppo appare tardiva anche la critica italiana renziana ai bachi di una Europa che continua nella sua trazione germanica unilaterale, ai limiti della democrazia con gli esiti generali continentali sotto gli occhi di tutti.
La fine dell'Europa
La questione Juncker è un ennesimo straordinario sintomo della fine dell'Unione Europea prossimo ventura: solo una previsione futuristica poco solida come si ostinano a negare i mass media eurocentrici anche in Italia?
Siamo in una fase storica di mediocrità critica e magari il declino dei sogni europeisti di Spinelli e altri padri fondatori dell'Europa andrà alla moviola. Si ha anche l'impressione, senza sconfinare in certo complottismo, come poi spesso storicamente accade dietro le quinte in politica, di qualche disegno geopolitico nuovo delle superpotenze oggi finanziarie, l'America di Obama, la Germania, i Paesi Arabi per un patto di nuovo equilibrio che escluderà in qualche modo l'Europa mediterranea, una zavorra economica (Italia e Grecia in primis).
Ulteriori crisi economiche in Italia, non necessariamente dirette (si pensi appunto alle contingenze in certo senso impreviste dei terremoti e alla questione multietnica incontrollabile) indicheranno probabilmente scenari potenzialmente esplosivi, non bellici ovviamente, ma pericolosi come negli anni di piombo.
Questa volta con il popolo italiano (ma anche altrove nei paesi europei più deboli o comunque in rotta di collisione - sempre sui migranti - con Bruxelles e... Berlino) difficilmente solidale con le Istituzioni.
Nuove classi dirigenti o caos in Italia
Referendum e Italicum o meno, segnali di autonomia ma tardivi,come accennato,dell'era Renzi, ma quest'ultimo ha essenzialmente deluso: anni ormai di governo debole e fumoso.
Ma le alternative altrettanto o quasi in ritardo storico e persino concettuale come visioni decenti del futuro. Le opposizioni azzeccano forse le diagnosi ma le dinamiche sono ancora politichesi o troppo antipolitiche. Di un nuovo progressismo a sinistra, infine, neppure l'ombra, se si vagheggia nel post Renzi soluzioni arcaiche letteralmente come Bersani o lo stesso Franceschini.
La storia è imprevedibile edè, oggi,una speranza sempre più diffusa quantunque vacua: una nazione, bene o male, strutturalmente informatizzata e postmodernaesigerebbe nuove classi dirigenti del nostro tempo su basi conoscitive, meritocratiche e scientifiche proprio come nuova Rete e Paradigma. Una postpolitica capace di contrattualizzare o una Nuova Europa, riassumendo, o pilotandone, se necessario, la fine come la Brexit in GB. Figure come Juncker e la Merkelsono apologia della Burotica al Potere senza alcun senso del futuro. Quell'avvenire che, come da cronache, la meglio gioventù italiana, ovvero giovani laureati di talento, soprattutto di matrice scientifica, in fuga all'estero, ha già escluso clamorosamente, almeno per l'Italia, dai suoi orizzonti.