Ultimamente si è parlato a lungo delle elezioni americane e del successo di Donald Trump. Sembra strano, eppure ci siamo interessati più di un esito elettorale straniero, che per quanto importante ci riguarda relativamente e da lontano, piuttosto che di un esito elettorale in cui eravamo parte attiva come il referendum sulle trivelle del 17 aprile.

Tutto ciò dovrebbe far riflettere sull’importanza che assumono oggi i social network. Tuttavia, non è questo l’articolo in cui approfondire dei mezzi di comunicazione e di chi li ha occupati e li occuperà in maniera ingombrante per ancora molto tempo.

La Trump che ci interessa approfondire in questo momento è Melania. Poco si conosce e di conseguenza se n’è parlato, eppure sono molti gli spunti di riflessione che ci offre la futura first lady.

Chi è Melania Trump?

Nata in Slovenia nel 1970 sotto il nome di Melanija Knavs, germanizzato poi in Melania Knauss. Melania cresce in ambienti modesti e comincia quasi per caso all’età di sedici anni la carriera da modella. Una delle prime cose che colpisce (sicuramente non la primissima) della signora Trump è la quantità di lingue parlate: sono ben sette. Una donna di mondo, sembrerebbe. Il primo errore nel quale si cade però provando a capire chi è Melania Trump è crederla una libertina, vedendola magari disinibita nei diversi scatti fotografici che l’hanno resa famosa.

Sebbene sarà la prima first lady ad aver posato nuda davanti degli obiettivi, non bisogna credere che ciò la renda una reazionaria antitradizionalista figlia del demonio, si tratta proprio dell’opposto. Negli anni della carriera della moda, diversi colleghi l’hanno descritta come una gran lavoratrice, arrivata per “fare quello che bisogna fare”.

In diversi casi l’immagine proposta di Melania Trump tradisce quella che è la realtà di fondo, senza però discostarsene mai del tutto. Con molta probabilità è proprio questa ambiguità che aumenta il fascino di una donna bellissima, che fa del mistero la sua arma più tagliente. Melania è donna in carriera, impegnata nella beneficenza e soprattutto è anche madre.

Anzi è più di ogni altra cosa madre. Nonostante disponga di moltissimi lavoratori assunti per occuparsi della casa, è solo lei, in quanto donna e in quanto madre, a doversi prendere cura del proprio figlio.

In un articolo scritto da Giulia Ioffe viene messo in risalto questo senso di vacuità che Melania trasmette: in alcuni discorsi le sue parole sembrano come stereotipate ma motivazionali, mai però nel merito del discorso. Anche nel suo modo di esprimersi vive un senso di ambiguità che confonde e convince, che cattura e smarrisce. E per quanti dicano che si tratti di una figura di secondo piano, non si può pensare che la vittoria di suo marito Donald non passi anche per la moglie. L’incongruenza più grande che Melania porta con sé è forse anche un salva condotto morale per il marito: come può una donna straniera, diventata cittadina americana solo nel 2006, condividere l’odio di un uomo che si prepara a separare due nazioni con un muro?

Melania non si è mai esposta al riguardo: forse nutre lo stesso odio per i messicani, forse no, non importa, perché non è importante sapere sempre che cosa pensa. La sua figura in chiave elettorale ha funzionato bene, silenziosa e dietro le quinte, precisa nel suggerire al meglio il marito, entrando con cortesia nelle case americane mentre il marito sfondava le porte.

Forse, l’aspetto più importante incarnato da Melania, grazie questo senso di vaghezza, è il desiderio covato nel profondo delle coscienze dell’elettore medio di Trump: avere una donna un po’ “santa”, attiva nell’economia familiare e nella gestione dei figli, capace di stare al suo posto con eleganza; e ancora di più una donna un po' “profana”, che sa stare al suo posto anche sotto le lenzuola, provocante, seducente. La donna che molti vorrebbero nella propria casa. La donna che non tutti avrebbero voluto nella propria Casa Bianca.