E' da quando il 19 dicembre un tir si è avventato su un mercatino natalizio a Berlino che l'Europa è caduta di nuovo nel dramma degli attentati. E' stata incerta fino a qualche giorno fa la presenza, tra le vittime, della 31enne abruzzese Fabrizia Di Lorenzo, che in quei tragici momenti girovagava per il mercatino alla ricerca di doni natalizi. La notizia della sua morte purtroppo è stata confermata. Infine, la scorsa notte, in Italia, a Sesto San Giovanni, un 29enne poliziotto siciliano, Luca Scatà, ha ucciso, a seguito di uno scontro a fuoco, seguito ad un controllo, l'attentatore, Anis Amir, giunto in Italia dalla Germania attraverso la Francia.
L'uomo era già noto all'intelligence europea e tenuto sotto controllo. Eppure ciò non è bastato perché divenisse autore della strage di Berlino.
Il dramma dell'emigrazione
C'è un comune denominatore tra le vite di Fabrizia Di Lorenzo, Luca Scatà e Anis Amir ed è l'emigrazione. Fabrizia, con una laurea in Relazioni Internazionali, per trovare un lavoro dignitoso, stabile ed all'altezza dei suoi studi è dovuta emigrare in Germania, a Berlino, dove poi ha tragicamente trovato la morte. Luca Scatà è un poliziotto, ancora in prova, di origine siciliana e di servizio nel milanese, che per trovare un lavoro stabile ha fatto, come centinaia di altri ragazzi, la scelta di entrare nelle forze dell'ordine nonostante il grande rischio per la propria incolumità e nonostante la paga misera.
Anche Anis Amir era un migrante, giunto a Lampedusa all'età di diciotto anni e resosi autore di episodi criminosi come l'appiccamento di un incendio nel centro di accoglienza che lo ospitava e per questo condannato a quattro anni di reclusione. Tutti e tre erano emigrati.
Pasolini e l'attentato di Berlino
Tutti i più fini pensatori credono che Pasolini sia stato soprattutto un grande anticipatore delle dinamiche odierne.
Già nel 1968, durante gli scontri tra i giovani sessantottini ribelli e i poliziotti aveva scritto, nella poesia "Il PCI ai giovani!", "... io simpatizzavo coi poliziotti. Perché i poliziotti sono figli di poveri. Vengono da subtopie, contadine o urbane che siano, ecc. ecc". Anche di Amir Anis Pasolini aveva però scritto nella poesia "Profezia", dedicata a Jean Paul Sartre che gli aveva parlato dei problemi generati dal colonialismo francese, "Alì dagli Occhi Azzurri uno dei tanti figli di figli, scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi.
... usciranno da sotto la terra per uccidere — usciranno dal fondo del mare per aggredire — scenderanno dall'alto del cielo per derubare — e prima di giungere a Parigi per insegnare la gioia di vivere, prima di giungere a Londra per insegnare ad essere liberi, prima di giungere a New York, per insegnare come si è fratelli — distruggeranno Roma e sulle sue rovine deporranno il germe della Storia Antica".
Oggi che un Alì stava per uccidere un poliziotto per chi simpatizzerebbe Pasolini? Guarderebbe tutto con la rassegnazione, senza speranza, la stessa che alla fine della sua vita contraddistingueva queste sue parole "Sul piano esistenziale io sono un contestatore globale. La mia disperata sfiducia in tutte le società storiche mi porta a una forma di anarchia apocalittica."?
Oppure, ancora, condividerebbe il pensiero di quella che fu la sua amica Oriana Fallaci circa la necessità di combattere il mondo musulmano, per lei inscindibile dall'islamismo?
O ancora, dubiterebbe di quella carta di identità di Amir miracolosamente trovata sul tir in una ricostruzione dell'attentato che lascia dei dubbi esattamente come oggi, a distanza di 40 anni, ancora ne nutriamo sulla ricostruzione del suo omicidio? Domande, tante domande, oggi, purtroppo, solo nostre. Solo di una cosa abbiamo certezza, ossia di quel che avrebbe pensato il grande poeta di un ministro dello Stato che dei "figli del popolo" emigrati si è permesso di dire "meglio lontano da qui".