In “Pensieri Sparsi”, Claudio Pisapia, laurea in scienze politiche e sociologo futuribile, curatore con altri del Gruppo Economia Cittadini di Ferrara, analizza con brevi saggi l'economia attuale prevalente, indicando possibili riflessioni alternative abbastanza originali. L'eBook è edito da libri Asino Rosso, Street Lib network.

Oltre il globalismo europeo e il sovranismo populista

I pensieri cosiddetti sparsi dell'autore, con una scrittura a metà anche tra l'autobiografia e analisi dei massimi sistemi molto scorrevole e relativamente programmatica, segnalano potenziali cosiddette terze vie, rispetto ai due bordi del dibattito generale, molto spesso aspro, almeno in Europa.

Tra il liberismo o globalismo prevalente dei democratici o centristi liberal, filo Unione Europea nel vecchio continente e le opposizioni al contrario anti-globalizzazione (e anti europee sempre nello specifico) e cosiddette sovraniste o populiste, Pisapia, come altri autori, autorevoli o meno noti, esplora orizzonti diversi.

Sembra di intuire, verosimilmente, la possibilità di ipotesi quasi ecosistemiche, di una critica radicale all'economia tout court, denunciando vere e proprie mistificazioni strutturali (ad esempio sul mito del debito pubblico) socioeconomiche; nello stesso tempo i temi forti cari ai populisti sono relativizzati, meno pulsionali e potenziati con ricette accennate almeno nella complessità certamente più evolute.

Con anche la necessità economica esistenziale di utilizzare, almeno come motore propulsivo, visioni e strumenti futuribili provenienti non solo da sociologi o scienziati sociali ma anche da letterati ed artisti.

Per una diversa geopolitica

Cosi Claudio Pisapia, in una intervista presentazione di “Pensieri Sparsi” su Ferrara Italia ha dichiarato: “Le leggi agiscono a favore degli interessi dei ricchi e potenti.

Abbiamo la tecnologia per andare su Marte, ma non per dare medicine e vaccini a chi ne ha bisogno o per fare arrivare acqua e cibo agli esseri umani del pianeta terra. Abbiamo la tecnologia verde, ma tagliamo ulivi per far passare il gas e inquiniamo i mari come se non fossero nostri. Il futuro non sono i confini che vengono abbattuti, ma quelli che bisogna costruire”.

Brevemente, l'autore ribadisce, in ottiche non ideologiche, potenzialmente progressiste o neoconservatrici ma 2.0 e dialettiche, il presunto monopolio della ricchezza mondiale nelle mani di meno di un centinaio di soggetti economici poco trasparenti: l'urgenza di nuovi paradigmi socioeconomici per mutamenti di rotta in chiave di redistribuzione di tale discriminazione rispetto a molte aree arretrate del pianeta, incluso certo stesso Occidente.

Più nello specifico, Pisapia denuncia l'esaurimento, rispetto alle sfide appunto della complessità, tra new media, nuove tecnologie, emersione di nuove etnie sociali in Occidente, delle vecchie dinamiche ancora del novecento diversamente imperialiste (oggi il Financapitalismo anche paradossalmente umanitario): pagine significative sullo stesso Mario Draghi o altre figure politiche in primo piano dell'economia europea attuale, finanche su economisti o esperti o “icone” stesse internazionali considerati dei luminari - ma superati o al contrario rilanciati quali Friedman, Heyek, McKinsey, Galbraith, E.

Pound.

Sorprendente, infine, per un saggio attualissimo sul futuro dei popoli non oppressi comunque molto critico sul Globalismo economico e sociale prevalente, attualissimo sul futuro dei popoli non oppressi, inclusi quelli europei, “Parole di dignità” dedicato al grande rivoluzionario postcoloniale del Burkina Faso, Thomas Sankara, il “Che Guevara” africano: ulteriore prova di sguardi espansivi e non facilmente prevedibili in certo dibattito contemporaneo in corso.