Per qualche tempo ci siamo divertiti alle spalle del dittatore nordcoreano leggendo dei suoi eccessi e delle sue stravaganze che di tanto intanto trapelavano fin da noi, come le proverbiali pettinature. Non gli abbiamo risparmiato qualche parola di biasimo per le efferate decisioni di politica interna, anzi famigliare come quando ci giunse notizia che aveva fatto sbranare uno zio dai suoi cani.

Ma diciamocelo, non l’abbiamo mai preso troppo sul serio. Tanto che a dialogare spedivamo personaggi come il senatore Razzi, di cui l’opinione pubblica ha appreso della sua esistenza attraverso le surreali imitazioni di Crozza (in questo caso si potrebbe dire che l’originale fa più ridere della copia!).

Dopotutto, tornando a Kim, abbiamo sempre avuto la percezione – sua e di suo padre prima di lui – che si trattassero di piccoli e innocui dittatori (innocui per noi europei!) collocati ai confini del mondo. E di dittatori, noi europei ne abbiamo visti tanti crescere, farci accordi anche vergognosi e poi spazzarli via quando le loro richieste diventavano troppo esigenti. Poi un giorno ci siamo ricordati, e forse anche Kim lo ha fatto, che in Corea del Nord hanno l’atomica e questo li rende il loro paese qualitativamente diverso dalle altre repubbliche anzi dittature delle banane.

Prove di forza

Già durante lo scorso anno, il 2016, la Corea del Nord ha dato prova dei suoi muscoli con una ventina di test balistici.

Con l’inizio del 2017 il trend non sembra cambiare, anzi. Ultimo in ordine di arrivo il missile intercontinentale che martedì 29 agosto da Pyonyang (capitale nordcoreana) ha sorvolato il Giappone all’altezza dell’isola di Hokkaido per poi finire nel mar del Giappone, procurando un comprensibile allarmismo tra gli abitanti del paese nipponico e anche qui in Occidente.

E’ notizia proprio delle ultime ore che i missili nordcoreani sarebbero in grado di colpire persino l’Europa.

Le reazioni delle grandi potenze non si sono fatte mancare, compatte si fa per dire nel cercare di evitare una guerra. Quello che infatti come al solito ci preoccupa in quanto europei è la presunta incapacità delle istituzioni internazionali di lavorare in maniera compatta di fronte alle minacce dell’ordine internazionale.

Gli Usa di Trump dichiarano di voler adottare la strategia delle sanzioni e sono in tal senso al lavoro per preparare una bozza da presentare al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Russia e Cina non condividono la linea americana e auspicano per una risoluzione più diplomatica alle tensioni. Entrambi i paesi del BRICS infatti suggeriscono di chiedere alla Corea del Nord una sorta di congelamento dei test balistici in cambio di concessioni di varia natura. La tensione resta alta perché Kim ha alzato nuovamente i toni dicendo che non accetterà ulteriori sanzioni.

Nessuno vuole veramente una guerra

Potrebbe sembrare anacronistico leggendo la cronaca, anzi il gossip che fomentano capi di stato come Trump o Kim, ma gli stati e i loro leader hanno storicamente dimostrato di essere attori-razionali.

Questo è quello che ci viene spesso insegnato studiando relazioni internazionali ma è anche quello che di fatto accade nei rapporti tra gli stati. I leader ricorrono più spesso alla minaccia piuttosto che alla violenza quando sanno che la prima è l’unica carta a disposizione che hanno per ottenere un vantaggio personale. In un mondo in cui vige l’anarchia, il lupo mangia l’agnello e i cani fanno la voce grossa con il lupo per convincerli a non mangiare il loro gregge. Anche se non sempre si ha successo. Entriamo ora meglio nello specifico della crisi nordcoreana.

La Corea del Nord è dittatura nata dalle ceneri della seconda guerra mondiale. L'esistenza del paese nordcoreano rappresenta dunque una minaccia tutt'altro che nuova per le potenze mondiali, anche se oggi il pericolo di una aggressione si fa più credibile a fronte degli avanzamenti tecnologici dei nordcoreani.

Eppure, se accettiamo la teoria dell’attore razionale, quali chance avrebbe Kim di sopravvivere ad uno scontro nucleare o armato che sia? Anche se riuscisse a colpire per primo, poi? Un po’ come il Giappone quando stuzzicò gli Stati Uniti durante il secondo conflitto mondiale con l’attacco a Pearl Harbor decretando il colpo di grazia all’asse nazi-fascista. Tornando ai giorni nostri, va poi osservato che la minaccia paventata dalla Corea di Kim è sufficientemente credibile per far dire alle due grandi potenze confinanti, rispettivamente Russia e Cina che è meglio avere un alleato scomodo piuttosto che cercare un conflitto che avrebbe come produrrebbe da un lato un’escalation di violenze dai contorni abbastanza imprevedibili e dall'altro favorirebbe una nuova penetrazione statunitense nel continente asiatico.

E gli Usa?

Commentiamo infine quale potrebbe essere la reale posizione degli Stati uniti. Ad un primo acchito, sembra che abbiamo a che fare con il paese più di altri propenso ad una risoluzione bellica. Vuoi per le pressioni degli alleati come la Corea del Sud o il Giappone, vuoi perché Trump ci viene dipinto dai tabloid come un guerrafondaio, così come lo erano stati Bush e altri repubblicani alla Casa Bianca (e forse lo è davvero!). A ben vedere, le cose non stanno proprio così. Finora gli Usa non hanno mai e poi mai attaccato per primi un paese armato di bomba atomica (tanto che il politologo di fama internazionale M. Waltzer ebbe a dire che in presenza di una maggior proliferazione di armi atomiche si accompagnerebbe una riduzione delle guerre).

Inoltre, abbiamo già avuto modo di ricordare che la minaccia nordcoreana non è una novità a cui gli Usa non sono di certo impreparati. Anzi, si potrebbe paragonare la minaccia nordcoreana a quella rappresentata dalla Cina maoista degli anni ’50 la cui corsa agli armamenti atomici era accompagnata da proclami molto simili a quelli odierni di Kim. A quei tempi la Cina infatti non era la potenza economica che è oggi, era un paese fragile uscito da una tremenda guerra civile e dall’invasione del Giappone quindi aveva bisogno di crearsi una propria autorevolezza internazionale dotandosi di armi atomiche, finora peraltro mai utilizzate.

In conclusione, si può osservare che I regimi si reggono sull’uso/abuso strumentale della paura: la paura che riescono ad incutere al proprio popolo (necessaria a scongiurare le rivolte) e quella che riescono a trasmettere agli stati militarmente più forti (dato che il pesce grande mangia quello piccolo).

Quindi keep calm: la Corea del Nord si sta giocando egregiamente le sue carte da oltre mezzo secolo e continuerà a farlo per molto tempo ancora. Cosa ne pensate? Seguitemi e commentate qui sotto per dire la vostra!