Donald Trump non smette mai di fare campagna elettorale, ogni suo intervento pubblico è un'occasione per sottolineare quanto di buono è stato fatto finora nel corso della sua giovane amministrazione. Le recenti tensioni che si sono sviluppate a Charlottesville e le polemiche che ne sono seguite, mostrano un'America tutt'altro che vicina a mitigare le sue eterne questioni razziali. Il presidente degli Stati Uniti ha mostrato parecchio imbarazzo sull'argomento, ma finora non c'è una questione affrontata dalla sua governance che non l'abbia visto in difficoltà.

In proposito, tutto tace sul fronte orientale dopo che la Corea del Nord ha rinunciato ai suoi propositi 'pericolosamente dimostrativi' nei confronti di Guam. Kim Jong-un è meno avventato di ciò che si pensa in Occidente ed ha compreso che il suo annunciato lancio missilistico a pochi passi da un'isola che, a tutti gli effetti, è territorio americano, sarebbe stato inteso come una dichiarazione di guerra. Dopo l'inasprimento delle sanzioni, pertanto, c'è stato qualche proclama più o meno duro da parte del regime nei confronti degli Stati Uniti, ma nulla di eclatante. Nel frattempo la Marina Militare americana ha dato avvio ad una serie di esercitazioni nel Mare del Giappone, congiuntamente alle navi sudcoreane, che andranno avanti fino al 31 agosto.

Tutto fa parte di una politica 'aggressiva' da parte della Casa Bianca che avrebbe finalmente intimidito l'insolente dittatore asiatico. Questo è il parere del segretario di Stato americano, Rex Tillerson, ma anche dello stesso Trump le cui dichiarazioni pronunciate in quel di Phoenix, Arizona, somigliano ad un canto di vittoria.

Washington plaude ad un 'nemico' che starebbe iniziando a 'ragionare' nel mondo in cui vuole Trump, ma le ultime notizie che giungono da Pyongyang sono tutt'altro che indirizzate alla distensione.

Le parole di Trump

Secondo il presidente degli Stati Uniti, pertanto, Kim Jong-un avrebbe abbassato la cresta. "La nostra politica nei confronti della Corea del Nord è fruttuosa - ha detto - infatti lui (riferito a Kim, ndr) inizia davvero a rispettare l'America.

Hanno detto che sono stato troppo duro con la Corea del Nord, altri hanno sostenuto che non lo sono stato abbastanza. Ma ad ogni modo, forse può venir fuori qualcosa di positivo". Il regime avrebbe pertanto abbracciato una politica improntata sulla moderazione, parere condiviso anche da Tillerson che ha ostentato fiducia dopo le nuove sanzioni imposte nei confronti del piccolo Stato comunista.

Pyongyang pensa a nuove armi

L'ottimismo dell'amministrazione Trump però non troverebbe effettivo riscontro nel comportamento di Kim Jong-un che, al contrario, ha ordinato il potenziamento del programma missilistico nordcoreano. La notizia è stata diffusa come sempre dal fedele megafono del regime, l'agenzia Kcna che ha parlato delle istruzioni del leader supremo ai laboratori militari, relative ad un incremento della produzione di vettori missilistici a combustibile solido.

L'emittente televisiva di Stato ha trasmesso le immagini della visita di Kim all'Istituto di produzione di materiali chimici. Tra le clip che hanno attirato maggiormente l'attenzione dei media occidentali c'è quella che mostra un poster affisso ad una parete. Secondo gli esperti di armi balistiche, ritrae il diagramma di un missile modello Pukguksong, ma si tratterebbe di una versione più evoluta rispetto alle due precedenti. Si tratta di vettori a medio raggio alimentati da combustibile solido, più veloci da dispiegare ed azionare ed anche più difficili da individuare prima del lancio perché richiedono meno preparazione. La maggior parte del missili di media gittata presenti negli arsenali di Stati Uniti, Russia e Cina sono a combustibile solido.

Kim Jong-un, pertanto, sta adeguando i suoi armamenti e l'ordine impartito è indice di moderazione almeno quanto un falco che si lancia sulla preda.

La strategia confusa della Casa Bianca

C'è da chiedersi a quale tipo di moderazione si riferissero tanto il presidente americano, quanto il capo della diplomazia. Ad onor del vero, da qualche settimana la Corea del Nord non effettua test missilitici e l'annunciato attacco dimostrativo a Guam si è rivelato soltanto mera propaganda. Però, se consideriamo che è in cantiere un piano congiunto di Russia e Cina per costruire un difficilissimo tavolo di negoziati, l'atteggiamento dell'amministrazione Trump sta facendo anche in modo di acuire le tensioni con Mosca e Pechino.

Le ultimissime sanzioni decise dal governo degli Stati Uniti riguardano aziende russe e cinesi che avrebbero supportato in qualche modo il regime nordcoreano, ma l'azione statunitense non è stata certamente gradita alle altre due superpotenze, alla Cina in particolare. In quest'ultimo caso, sembra proprio una puerile ritorsione contro un Paese che, pur sostenendo le recenti sanzioni ONU contro la Corea del Nord, ha lasciato intendere che non resterebbe immobile dinanzi ad una guerra preventiva scatenata da Washington sulla penisola coreana. Pechino non permetterà in alcun modo il rovesciamento di un regime scomodo, ma utile, perché Kim tiene testa agli Stati Uniti e ci riesce piuttosto bene.

La presenza del suo governo è un freno a quella che, altrimenti, sarebbe un'egemonia statunitense nell'area. Non è certamente un'improvvisa quanto improbabile moderazione nordcoreana ad aver impedito lo scoppio di una guerra, ma soltanto il rischio che si possa arrivare ad uno scontro tra Stati Uniti e Cina. Trump lo sa bene, ma non può dirlo pubblicamente. Il resto del mondo però lo ha compreso, a parte i fedelissimi del miliardario diventato presidente che si spellano le mani dinanzi ai proclami del più improbabile tra i condottieri.