Quella di Davide astori, trentunenne difensore, capitano della Fiorentina, trovato morto domenica scorsa nella sua stanza d’albergo, è una tragedia che ci riguarda tutti da vicino e ci lascia inebetiti, con tante domande, ma senza nessuna risposta plausibile.

Una domenica triste

"Eppure di storie così ne accadono tante", potrebbero dire in molti, ma perché questa ci colpisce così tanto? Perché in un’allegra domenica di festa e di riposo per molti di noi, una notizia del genere è entrata nelle nostre case fino a gelarci il cuore e ad invadere la nostra serena quotidianità?

E la risposta è presto data: nelle nostre vite complicate entrano in gioco le passioni, quasi come una boccata d’aria in mezzo alle tempeste del vivere, un’oasi di pace tra i conflitti dell’esistere: una canzone, un buon film, una partita di calcio, come specchi riflessi dei nostri sogni, depositari delle nostre più segrete speranze. E accade che gli interpreti dei nostri umani desideri siano proprio loro: cantanti, attori, calciatori, che trasformano canzoni, film e partite in universi paralleli dove da un divano o dagli spalti siamo tutti protagonisti e mentre esultiamo per un gol o gioiamo del gesto tecnico del nostro campione preferito, i problemi sembrano lontani e con essi tutti i mali del mondo, quelle brutture che giorno per giorno ci attanagliano il cuore.

Un dolore collettivo: uomini e non supereroi

Ed è proprio questa la chiave di tutto questo dolore collettivo, di questo afflato emotivo che ha caratterizzato tutti noi, uomini, donne e bambini, senza distinzioni di età o colori. La morte, silente e repentina, è entrata prepotente nel nostro mondo colorato, rivestendolo di una coltre nera che si è fatta spazio senza chiedere permesso alcuno.

Improvvisamente abbiamo scoperto che quelli che ingenuamente consideriamo supereroi, invincibili, quasi eterni, sono in realtà uomini fragili e caduchi come foglie d’autunno che si staccano dai rami, inesorabilmente, fino a depositarsi a terra. E così ancora una volta le nostre certezze sono andate in frantumi.

Un domani da conquistare

Davide Astori sembrava una robusta quercia, con quel fisico imponente da difensore d’altri tempi, ma quella mattina di domenica qualcosa ha spezzato quel tronco secolare, e il cuore di un ragazzo di 31 anni ha smesso di battere, un ragazzo che il giorno prima si era allenato, aveva mangiato, chiacchierato, giocato alla playstation, aveva vissuto, come sempre, salutando i compagni col sorriso, nell’attesa di un domani che non sarebbe arrivato, quel domani che più che mai dovremmo percepire come una conquista, una vittoria con 5 gol di scarto in quella partita chiamata “vita”. Dal chiuso delle loro stanze, una compagna, una bimba di due anni, genitori, fratelli, amici e colleghi lo piangono in un dolore privato tutto da rispettare, ma nel resto del paese un popolo intero lo rimpiange, persone comuni che lo hanno conosciuto da un campo di calcio o davanti a uno schermo e che oggi versano lacrime sincere per quel campione gentile strappato anzitempo alle gioie e agli affetti della vita terrena.