Sono passati già 24 anni da quando, il 22 Maggio 1994, in Italia è stata approvata la legge che ha bloccato l’aborto clandestino. Domani, in Irlanda, i cittadini saranno chiamati a fare la propria personale scelta: lasciare intatto il sistema di leggi che regolarizza, o meglio, che vieta questa pratica oppure cambiare radicalmente la prassi che scandisce questa particolare attività medica.

Fino a oggi, nel Paese del nord-ovest europeo, l’aborto non è mai stato consentito, con eccezione di alcuni rari casi. Infatti, una piccola rivoluzione è stata effettuata cinque anni fa quando, i giudici, si sono quasi sentiti obbligati a conformarsi alla linea delle altre differenti nazioni europee.

La legge irlandese allo stato attuale delle cose permette la pratica solo per quelle donne che potrebbero perdere la propria vita a causa della gravidanza e di complicanze al feto o alla gestazione (solo dal 2013). La norma anti-abortista, nel paese cattolico, esiste fin dal 1983 e solo tra qualche giorno potremo scoprire se anche nello stato dell’arcipelago britannico si potrà praticare l’aborto, sempre e comunque in modo limitato, fino alla dodicesima settimana.

Attorno a questa “legalizzazione” si è aperta un’aspra diatriba: a contrapporsi vi sono i favorevoli e coloro che sostengono che non si debba aprire la possibilità a una barbarie di questo genere. Le rappresentanti dei due “movimenti”, Amy Callahan e Vicky Wall, hanno incarnato e dimostrato, fino in fondo, la propria presa di coscienza.

La prima, addirittura, si è recata fuori dai confini di Stato per poter abortire, dopo aver scoperto che il proprio futuro figlio sarebbe potuto nascere con un’anencefalia; la seconda, al contrario, ha deciso partorire la figlia, con la sindrome di Edwards, pur sapendo di doverla perdere poche ore più tardi.

L’ottavo emendamento, la legge irlandese e la bioetica: il diritto di poter vivere

La legge irlandese, in relazione a quest’attività, ha subìto molti cambiamenti negli ultimi 30 anni: nell’83, infatti, il 67% dei votanti approvò la norma anti-abortista. Nel 2013 la Costituzione ha poi garantito la salvaguardia della vita della futura madre e, già nel 1992, furono introdotti il tredicesimo e il quattordicesimo emendamento che permettono alle madri, di recarsi fuori dai confini dello Stato per poter interrompere la gravidanza.

Se, come risulta dalle prime stime, il risultato dovesse tramutarsi in un “sì”, si potrebbe effettivamente dichiarare che la coscienza critica e la morale dell’intera comunità irlandese hanno cambiato notevolmente faccia in soli 30 anni.

L’aborto, dal punto di vista scientifico, è l’interruzione, naturale o provocata, di una gravidanza prima del 180° giorno. I metodi per praticarlo sono due: attraverso l’uso di farmaci specifici oppure tramite un’operazione chirurgica. I medicinali, però, possono essere utilizzati solo nel primo trimestre perché, in un secondo momento, rischiano di causare gravi effetti collaterali. Dalla 15esima settimana di gestazione, invece, si è soliti utilizzare la chirurgia.

A distanza di 40 anni dall’approvazione della legge 194, in Italia, gli obiettori di coscienza non stanno diminuendo, anzi. I medici che infatti hanno la possibilità e i mezzi per attuare un'interruzione di gravidanza possono decidere di non eseguirlo, essendo tutelati da una specifica legge che dà loro il diritto di sottrarsi alla richiesta del paziente. Nel nostro territorio, la media di coloro che, pur avendone le capacità, decidono di non praticarlo si attesta attorno al 70%. In alcune regioni, però, si arrivano a toccare picchi del 90% (Lazio).

Il dibattito che anima queste vicende si raggruppa attorno a un quesito fondamentale: si può considerare il feto come un essere vivente?

Gli schieramenti sono due: coloro che vedono nell’embrione un essere umano e chi, invece, utilizza dialoghi e discorsi filosofici per smontarne il significato biologico.

Questi ultimi, infatti, utilizzano due termini differenti tra loro per paragonare un feto ad un uomo: essere umano e persona. Secondo questi ultimi, il feto non è da considerarsi persona poiché, con questo termine, si va ad indicare quell’individuo “razionale che trascende il mondo naturale”. Per questi, il futuro nascituro non è composto ancora dalla razionalità che distingue l’uomo dal resto delle specie e quindi, in definitiva, ritengono che l’aborto non sia omicidio.

Ma siamo sicuri che, dietro ad una spiegazione filosofica di questo tipo, non possa nascondersi semplicemente una via di fuga facilmente percorribile? I medici hanno compiuto un percorso di studi durante il quale hanno imparato ad apprendere, nel minimo dettaglio, tutte le sfaccettature della vita umana. E’ dunque un caso che, tra questi, solo 3 su 10 siano disposti a seguire le richieste di coloro che vogliono abortire?