La trattativa tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio è ormai arrivata alla fase finale, quella in cui gli elettori di Lega e M5S sono chiamati a giudicare il famigerato contratto di Governo. Indipendentemente dal risultato dei gazebo e del voto online, però, sul futuro prossimo dell’Italia aleggiano ombre di un passato neanche troppo lontano. La dialettica Politica ed economica di questi ultimi giorni, infatti, ha rispolverato termini e situazioni risalenti a 7 anni fa, quando un golpe bianco guidato dalle cancellerie europee rovesciò l'ultimo esecutivo democraticamente eletto in Italia (quello di Silvio Berlusconi): termini e situazioni che si ergono come minacce anche sul tentativo di creare un Governo gialloverde.
Le euroingerenze
Come nel 2011, si è tornato a parlare delle preoccupazioni dell’Europa. Preoccupazioni legittime, finché non si pongono contro la sovranità popolare. Il Governo di Roma, infatti, deve fare gli interessi di Roma, prima che quelli di Bruxelles. Un’oppositrice del possibile Governo grillo-leghista come Giorgia Meloni ha espresso il concetto con ironia: “La preoccupazione dell’Europa è l’unica cosa che mi fa venire voglia di andare a fare questo Governo”.
Alle ingerenze di euroburocrati ed eurotecnocrati si sommano gli appelli al capo dello Stato: il quale ha sì il potere costituzionale di nominare il presidente del Consiglio, ma non può ignorare la volontà dei cittadini. Per questo motivo, quanti in questi giorni si dicono certi che Sergio Mattarella farà da garante per la Ue (come Emmanuel Macron), sembrano sovrapporne la figura a quella interventista di Giorgio Napolitano.
Un indizio in questa direzione appare anche l’atteggiamento tenuto finora dal presidente della Repubblica che, tra i tanti possibili esecutivi, non ha mai preso in considerazione quello che più di tutti avrebbe rispettato l’esito delle Politiche del 4 marzo: un Governo di centrodestra, a guida leghista, che avrebbe cercato in Parlamento i voti che mancavano per raggiungere una maggioranza.
Magari non ce l’avrebbe fatta: ma negare anche solo il tentativo resta incomprensibile.
Il ritorno dello spread
Infine, va notato come nel lessico giornalistico stia rispuntando uno dei fantasmi che maggiormente erano stati agitati nel 2011: lo spread. Un termine mai sentito prima del golpe bianco, né più sentito dopo. Un termine di cui tutti hanno sentito parlare ma che nessuno sa cosa sia, un po’ come la celeberrima definizione del tempo di Sant’Agostino (per la cronaca, è il differenziale tra il tasso di rendimento dei BTP italiani e quello dei Bund tedeschi).
Un termine che ora è tornato prepotentemente sui media.
Lo spread è stato il grande imbroglio e il casus belli del golpe bianco del 2011. E Mattarella ha già proposto, sotto la maschera di una diversa espressione, un nuovo Governo tecnico in stile Mario Monti. Forse, dopotutto, aveva ragione Giambattista Vico quando sosteneva che la storia si ripete.