L’esito dei ballottaggi per l’elezione dei sindaci ha consegnato un risultato, se non scontato, in buona parte prevedibile. In sintesi estrema: il centro sinistra ha vinto e il centrodestra ha perso. La guida del paese sembrerebbe doversi disputare, nel post governo Draghi, nel campo ristretto di un nuovo bipolarismo che ha come punti di riferimento il Partito Democratico da una parte e una possibile alleanza tra Lega e Fratelli d’Italia dall’altra. Chi sta in mezzo, il M5s, Italia Viva, Forza Italia e altri raggruppamenti minori sembrano destinati a spartirsi le briciole e condannati ad avere un ruolo meno importante.

Il dato dell'astensionismo

Il clima surriscaldato degli ultimi giorni di campagna elettorale, dovuto soprattutto agli eventi che hanno fatto da cornice, non ha avuto però l’effetto di scaldare l’elettorato nel senso di indurlo a una maggiore partecipazione all’esercizio del diritto-dovere del voto, tant’è che al secondo turno ha votato il 10% in meno di elettori del primo turno che già aveva fatto registrare un record negativo col 54% di votanti.

Alla luce del dato inconfutabile che è stato raggiunto un record in fatto di astensionismo, nessuno dei vincitori dovrebbe esaltarsi oltre misura per la vittoria conseguita, così come nessuno degli sconfitti dovrebbe masticare amaro più del necessario.

Tutti, passato il momento di euforia o di sconforto, a seconda dei casi, dovrebbero rimboccarsi le maniche e cercare anzitutto di capire i motivi per cui tanti elettori hanno disertato le urne. Disaffezione tanto più grave trattandosi di eleggere sindaci e consiglieri di comuni grandi, medi e piccoli, cioè di realtà amministrative, per loro natura, meno politicamente ideologizzate e più vicine ai problemi e alle sensibilità del territorio.

Le chiavi di lettura

L’astensionismo ha diverse chiavi di lettura ciascuna delle quali non può essere considerata esaustiva proprio perché chi non va a votare lo fa per i motivi più disparati, dei quali, evidentemente, non è tenuto a rendere conto a nessuno.

E’ possibile però fare delle ipotesi, individuare delle linee di tendenza usando un po’ di buonsenso e un po’ di quella sociologia spicciola che va tanto di moda.

La pandemia del Covid 19 è una prima chiave di lettura. Non spiega tutto, ma qualcosa ci dice. Per esempio che l’ansia e la preoccupazione di venire contagiati dal virus, il dolore lacerante per i lutti improvvisi, uniti allo stress del lockdown e al conseguente rarefarsi dei rapporti interpersonali, ha confinato molte persone in una gabbia di autoreferenzialità che ha escluso dall'orizzonte di interessi di alcuni tutto ciò che non era strettamente attinente alla conservazione e alla cura della salute.

Le schermaglie e i balletti di una Politica politicante che anche in questa situazione non sono mancati, sono diventati un optional, un sottofondo fastidioso di cui si poteva anche fare a meno.

Le priorità erano ben altre, l’attenzione era concentrata sull’informazione che forniva con puntualità giornaliera il numero dei contagi, dei ricoveri in terapia intensiva, dei morti.

Ma non è tutto riconducibile al Covid. Anche prima della pandemia si registrava nelle ultime consultazioni elettorali una contrazione della percentuale dei votanti che, per tradizione, nel paese è sempre stata, rispetto ad altri, su livelli elevati di partecipazione e questo trend negativo si è andato consolidando. Pare indubbio che la "politica politicante", impegnata più nei giochi di potere e di corrente che nell’affrontare e risolvere i problemi dei cittadini, non ha più l’appeal di una volta. Qualcuno imputa ai politici d’oggi l'incapacità di avere una visione, cioè di indicare una direzione, di prefigurare un futuro che sia desiderabile e raggiungibile ma si limitano al piccolo cabotaggio, alla gestire dell’esistente e che la loro principale preoccupazione sia quella di perpetuarsi.

Mancano leader carismatici

Forse è anche una questione di persone. A parte Draghi, che è apparso sulla scena nella veste di un tecnocrate prestato alla politica (e forse proprio per questo gode di largo credito non solo presso le istituzioni internazionali, ma anche presso le persone comuni) da troppo tempo, probabilmente, i partiti non riescono più a esprimere personalità dotate del carisma necessario per guidare una democrazia matura come quella italiana.