I social, come ogni nuova tecnologia, hanno due facce di una medaglia piuttosto pesante: se da un lato facilitano enormemente il flusso democratico di informazioni, dall’altro veicolano con la stessa facilità Fake News, notizie fuorvianti e teorie prive di fondamento. Umberto Eco, in uno dei suoi ultimi interventi, affermò che i social, pur essendo un fenomeno positivo, hanno dato valenza alle opinioni di “legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Ora questi imbecilli hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel”.

Gli eventi catastrofici fanno spesso emergere i tratti peggiori dell’essere umano, che preda della paura smette di controllare dati e fatti e di ragionare con lucidità; scorrendo l’enorme quantità di bufale e di teorie strampalate circolate sui social dall’inizio della pandemia, le parole del filosofo, considerate di toni troppo forti all’epoca, non sembrano affatto eccessive.

L’effetto Dunning-Kruger

“L’Italia ha 60 milioni di commissari tecnici” diceva qualche anno fa Prandelli, all’epoca alla guida della Nazionale, riprendendo una battuta piuttosto diffusa tra allenatori e giornalisti sportivi; a voler dire che tutti hanno un’opinione su tutto, anche su cose di cui sono tutto tranne che esperti.

Addirittura, a volte meno si sa di un certo argomento, più si ritiene, non conoscendo la vastità delle sue sfaccettature, di essere esperti di quel determinato argomento, andando a verificare quello che viene chiamato dagli esperti “effetto Dunning-Kruger”. Una citazione utilizzata spesso dai teorizzatori di questo fenomeno, per spiegarne simpaticamente l’effetto, è la famosa frase di Bertrand Russell “La causa principale dei problemi è che nel mondo moderno gli stupidi sono presuntuosamente sicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi”; del resto, senza i dubbi di Galileo su ciò che all’epoca era più un dogma che una teoria scientifica non avremmo la moderna concezione del mondo e dell’universo.

Non tutti i dubbi, però, sono giustificati; e di certo non tutti i dubbiosi sono Galileo.

Bufale tra complottismo e fake news

Esistono alcune idee così strampalate da risultare impossibili da prendere in considerazione per la maggioranza della popolazione. Una delle teorie più “simpatiche” che circolava durante il primo lockdown era quella che definiva l’intera pandemia mondiale una copertura per cambiare le batterie ai piccioni.

No, non è un errore di battitura, pertanto è importante ma soprattutto estremamente divertente ripeterlo: cambiare le batterie ai piccioni. Questa teoria riprende un’idea proposta dal sito birdsarentreal.com ed esplosa per la prima volta nel 2018 grazie ai social; una folle idea secondo la quale gli uccelli, in particolare i piccioni, non esistono: sono in realtà dei sofisticatissimi droni di sorveglianza dispiegati dai governi in una complessa operazione di spionaggio della popolazione mondiale. La pandemia era, secondo i complottisti, la miglior scusa che i governi, dopo anni di studi e di simulazioni, hanno trovato per eliminare temporaneamente il traffico di persone che impediva il massivo cambio di batterie a questi droni ipertecnologici alimentati a Duracell.

Recentemente, affollano i social idee sicuramente meno simpatiche ma estremamente più pericolose: quelle portate avanti dai no-vax, che nonostante la quantità di mezzi del mondo moderno per reperire informazioni verificate, continuano a preferire alle evidenze scientifiche teorie e testimonianze di non meglio precisata provenienza e di dubbia valenza. Nel 1956 il governo convinse Elvis a fare da testimonial alla campagna vaccinale antipolio per persuadere la popolazione, tramite la visibilità del Re, dell’efficacia e dell’importanza del vaccino; ci ha riprovato Biden un mese fa [VIDEO] facendo la terza dose in diretta mondiale, ma forse l’appeal del Presidente non è lo stesso del King of rock and roll.

Il controllo forzato sulle notizie

Di certo i social hanno una buona dose di colpa, avendo trasformato il concetto di partecipazione in volontà di protagonismo e di fatto sostituendo all’autorevolezza delle fonti la visibilità dell’opinionista; non sorprende che il d.d.l. Zan sia diventato molto più noto dopo il polemico endorsement di Fedez che non dopo mesi di manifestazioni della comunità LGBTQI+. Questa volontà di protagonismo tipica di certi utenti spesso spinge a diffondere, semplicemente per aumentare la propria visibilità, notizie false e controverse che, per l’appunto, “fanno notizia”; tuttavia, questa presenza massiccia di fake news che i social hanno provocato ha costretto la maggioranza ad una vasta operazione di verifica delle informazioni che viene loro propinata: coloro che leggono sui social che il primo ministro neozelandese ha fumato crack in diretta tv, prima di sbraitare qualche commento di risposta, vanno (solitamente) a verificare la notizia attraverso più fonti in modo da controllarne l’attendibilità.

Per usare un'iperbole potremmo dire che l’avvento delle fake news, nella misura in cui lo conosciamo oggi, potrebbe addirittura non essere del tutto negativo. Intendiamoci, resta un male della nostra società, ma potrebbe costringere, col tempo, a ritornare ad una abitudine che negli ultimi anni, a causa proprio dei social e delle condivisioni senza controllo, si è persa: supportare le proprie teorie con fatti e dati certificati. In questo modo, si potrebbe finalmente ritornare ad una discussione pubblica più sana e forse anche più pacata; e se arriveranno prove inconfutabili che i piccioni sono davvero droni governativi, saremo pronti a fare ammenda.