32.000 utenti in guerra contro il clickbait e un solo punto di riferimento: la pagina Facebook Baitman, “il giustiziere del clickbait”. Con le loro #baitstorm “iniziativa periodica in cui la nostra vasta community, forte di 32.000 membri, spoilera i post di specifiche pagine Facebook per 24 ore”, sono diventati un alleato sia per l’informazione che per il tempo stesso degli utenti: “Ogni spoiler che forniamo può risparmiare all'utente almeno 5 minuti al giorno” che, se moltiplicati “per tutti i nostri membri, in un giorno risparmiamo potenzialmente quasi 4 mesi di tempo collettivo. Un regalo prezioso che offriamo alla nostra community ogni giorno”. Uno sforzo non indifferente per eliminare quello che loro stessi, intervistati da Blasting News, definiscono “il junk food dell’informazione” in tutto il Mondo.
Quali sono le ragioni che secondo voi spingono a fare clickbait? Assodato che la pratica sia nata per adescare i lettori con titoli volutamente forzati e quindi avere la maggiore remunerazione possibile, è secondo voi più pigrizia intellettuale, mancanza di notizie o una diretta conseguenza del giornalismo cotto e mangiato?
La spinta verso il clickbait può essere vista come una questione di sopravvivenza nell'arena digitale. Immaginate di fare informazione online come il vagare in un vasto deserto, con ogni redazione alla disperata ricerca di "acqua", ovvero l'attenzione del lettore.
In questo contesto, gli editori si trovano ad affrontare una concorrenza pressoché infinita, dipendendo pesantemente dagli esigui introiti offerti dai sistemi pubblicitari e dalle piattaforme social. A ciò si aggiunge una sorta di bulimia di contenuti da parte del fruitore medio. Quando combiniamo questi elementi con una certa dose di incompetenza e una naturale avversione al rischio da parte di alcuni creatori di contenuti, otteniamo la ricetta perfetta per il clickbait.
C’era stata una discussione sulla vostra pagina tra gli utenti che cercavano di differenziare il curiosity gap (pratica che consiste nel dare l’informazione ma omettere dettagli particolari per spingere il lettore a scoprirli tramite la lettura) e il clickbait vero e proprio, voi che opinione vi siete fatti?
La distinzione tra clickbait e curiosity gap è cruciale per mantenere l'integrità nell'informazione.
Quando parliamo di curiosity gap, ci riferiamo alla pratica di stimolare la curiosità del lettore, senza ingannarlo. È come quando Alice, spinta dalla curiosità, cade nella tana del coniglio e scopre un mondo fantastico al di là. Tuttavia, il vero problema del clickbait emerge quando la curiosità e la fiducia del lettore vengono tradite. Troppo spesso, online, ciò che viene promesso attraverso titoli accattivanti non viene mantenuto nel contenuto effettivo, deludendo così le aspettative del lettore. L'importante è, quindi, informarsi, educarsi e sviluppare un approccio critico verso ciò che leggiamo, in modo da distinguere tra un'informazione presentata con integrità e un tentativo ingannevole di attirare click.
In Italia c’è più clickbait o curiosity gap? E in Europa e nel Mondo?
Il clickbait è diventato il "junk food dell'informazione", dominante non solo in Italia ma in tutto il mondo. La sua attrattiva risiede nel suo basso costo, rapidità e capacità di produrre contenuti in massa. Tuttavia, l'efficacia del clickbait è spesso proporzionale alla mancanza di consapevolezza critica da parte dei lettori. Ciò significa che in paesi o regioni dove l'istruzione e la consapevolezza critica potrebbero non essere forti, il clickbait ha una maggiore probabilità di prosperare. In Italia, purtroppo, affrontiamo sfide significative in ambito educativo, il che potrebbe spiegare la prevalenza del fenomeno nel nostro contesto.
Portate avanti le “baitstorm”, ovvero serie di commenti in cui svelate il contenuto dei titoli clickbait per evitare che i lettori aprano gli articoli, danno risultati?
Il nostro #baitstorm è un'iniziativa periodica in cui la nostra vasta community, forte di 32.000 membri, "spoilera" i post di specifiche pagine Facebook per 24 ore, in particolare quelle che adottano il clickbait come tattica predominante. L'obiettivo principale è aumentare la consapevolezza degli utenti dei social media. Immagina di vedere molti spoiler sui post di una delle tue pagine preferite; questo ti porta a riflettere: "Perché lo stanno facendo?", "Che cosa significa spoiler?". E forse, ti potresti anche chiedere: "Questa pagina sta cercando di ingannarmi?
Mi stanno usando?" Ma l'impatto non finisce qui. Ogni spoiler che forniamo può risparmiare all'utente almeno 5 minuti al giorno, tempo che altrimenti sarebbe stato sprecato in articoli inutili e nell'evitare pop-up e banner invasivi. Se moltiplichiamo questi 5 minuti per tutti i nostri membri, in un giorno risparmiamo potenzialmente quasi 4 mesi di tempo collettivo. Un regalo prezioso che offriamo alla nostra community ogni giorno.
Eppure gli stessi commenti, le reazioni, fanno sì che quelle stesse pagine aumentino il loro valore sui social, c’è una soluzione a tutto questo?
Chi gestisce queste pagine e siti d'informazione è, a nostro avviso, un dead man walking. L'essenza di qualsiasi impresa, anche nel campo dell'informazione, è il brand: i valori che condivide, il messaggio che trasmette e la fiducia che costruisce con il suo pubblico.
Molte delle pagine che abbiamo preso di mira sono viste con scetticismo perfino dai propri lettori, proprio a causa delle tattiche di clickbait adottate. Questo approccio, incentrato esclusivamente sul guadagno a breve termine, compromette la percezione del brand e la qualità dell'informazione fornita. Barattare l'integrità e la fiducia a lungo termine per guadagni immediati è una scelta miope dal punto di vista strategico. Riteniamo che, se non cambieranno direzione, queste entità editoriali non rimarranno competitive molto a lungo.
Avete notato stili diversi di clickbait? Se sì, sapete dirci quale secondo voi sono i più fastidiosi?
Il clickbait si manifesta in numerose forme e tecniche. Alcune delle strategie sono più innocue, come le famose "10 cose che...", mentre altre sono più ingannevoli, come le immagini che suggeriscono contenuti diversi da quelli effettivamente presentati.
Tuttavia, ciò che consideriamo particolarmente deprecabile sono i clickbait che speculano sui drammi umani. Un esempio recente e piuttosto sconcertante riguarda il tragico incidente ferroviario vicino a Torino, in cui cinque operai hanno perso la vita. Pochi giorni dopo l'incidente, una popolare pagina italiana ha rilasciato un titolo che suggeriva di mostrare il video dell'incidente, sfruttando la curiosità e l'emozione del momento. Tuttavia, il video effettivamente presentato era relativo a un incidente completamente diverso in Cile. Questo tipo di tattica, che gioca con le emozioni e le aspettative del pubblico per guadagni personali, è, a nostro avviso, profondamente sbagliato e rappresenta il lato più oscuro del clickbait.
Clickbait e disinformazione: viaggiano di pari passo?
C'è sicuramente una correlazione tra clickbait e disinformazione, ma è essenziale comprendere che non sono sinonimi. Il clickbait, come suggerisce il nome, è principalmente progettato per attirare l'attenzione del lettore e incoraggiare un click, e spesso usa titoli sensazionalistici o fuorvianti. Questi titoli possono condurre a notizie perfettamente accurate, sebbene magari irrilevanti, o talmente generali da non richiedere un articolo completo. D'altra parte, la disinformazione riguarda la diffusione di informazioni false o ingannevoli. Entrambe queste pratiche, tuttavia, hanno in comune l'intenzione di ingannare o manipolare il lettore per fini personali, che siano finanziari, politici o altro.
Quali i prossimi passi e quando ci sbarazzeremo del clickbait?
La soluzione al problema clickbait risiede nell'evoluzione di diversi attori del panorama informativo:
- Lettore: La consapevolezza è la chiave. Un lettore informato può riconoscere il clickbait e scegliere di non sostenere tali pratiche, selezionando fonti di informazione di qualità.
- Creatori di Contenuto: L'enfasi deve spostarsi dalla quantità alla qualità. Chi produce contenuti deve inoltre imparare a rischiare di più, creando qualcosa di innovativo, diverso dalla concorrenza.
- Modello Economico: L'aspettativa che le informazioni online siano gratuite è problematica. Bisogna considerare altri modelli di monetizzazione, come le microtransazioni, per supportare la creazione di contenuti di qualità.
- Piattaforme Social: Hanno una grande responsabilità ed è tempo che prendano una posizione più chiara e coraggiosa. Dovrebbero implementare meccanismi più rigorosi per identificare e penalizzare il clickbait, proteggendo al contempo i creatori di contenuti autentici.
Guardando al futuro, siamo fiduciosi che il fenomeno del clickbait come lo conosciamo oggi si attenuerà. Tuttavia, data la sua natura pervasiva e le molteplici sfaccettature, potrebbe volerci un decennio o più prima di vedere un vero e proprio declino.