Era ormai chiaro che il governo non avrebbe potuto togliere il blocco della perequazione a tutte le Pensioni di qualunque ammontare esse fossero e rivalutarle secondo gli indici Istat ma, adesso, si sta addirittura parlando d'imporre un contributo di solidarietà sulle pensioni più alte.

Il governo pensa ad un contributo di solidarietà

La sentenza della Consulta, che ha definito illegittimo il blocco della perequazione, come attuato dal governo Monti, produrrebbe nell'immediato e nel futuro un buco di molti miliardi nei conti dello Stato. Il governo, impegnato a rispettare gli accordi presi con Bruxelles, secondo notizie diffuse dai media, sembrerebbe intenzionato ad adottare le seguenti decisioni:

  • procedere con la restituzione delle quote perse con il blocco della perequazione in modo gradualmente decrescente, a seconda dell'ammontare delle pensioni, sino ad annullare il rimborso per le pensioni più alte;
  • applicare un contributo di solidarietà di cui non si conosce la progressione e l'ammontare, alle pensioni superiori ai 5.000 euro lordi al mese.

La seconda misura lascia nuovamente dei dubbi sulla sua legittimità, in ragione delle motivazioni della Consulta nelle sentenze del 2018 del 2015.

La sentenza della Consulta non giustificherebbe l' adozione del contributo di solidarietà

Bisogna ricordare che nel 2008 la Consulta, a fronte di questioni di legittimità costituzionali del blocco della perequazione, non giudicò anticostituzionale quel provvedimento, poiché ritenne che tale blocco, interessando solo le pensioni superiori di 8 volte il minimo sociale e avendo un impatto per un solo anno, non avrebbe creato problematiche di carattere sociale ed economico ai percettori di tali pensioni. La Corte, nell'emettere la sentenza odierna, ha preso due distinte posizioni:

  1. ha respinto una specifica questione di legittimità costituzionale, laddove si sosteneva che la mancata rivalutazione delle pensioni si configurava come un maggior prelievo tributario, violando il principio di parità di prelievo a parità di presupposto d'imposta economicamente rilevante. La Corte, in estrema sintesi, ha escluso la natura tributaria dell'azzeramento delle rivalutazioni, poiché non prevede una decurtazione o un prelievo a carico del titolare di un trattamento pensionistico;
  2. ha invece ritenuto valida la questione di legittimità posta sulla violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza della prestazione in quanto la mancata rivalutazione si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza e ragionevolezza causando una discriminazione in danno della categoria dei pensionati. La Consulta ha infatti rilevato che il blocco della perequazione, per gli anni 2012/2013, in quanto attuato al 100% su tutte le pensioni superiori a tre volte il minimo sociale, ha provocato un pregiudizio sul potere di acquisto dei trattamenti stessi con "irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività"(sentenza 349 del 1985).

Ora, se noi consideriamo entrambe le motivazioni, il Governo non dovrebbe correre alcun rischio nel prevedere rimborsi graduali e solo per pensioni che non superino almeno di 8 volte il minimo sociale, ma l'adozione di un contributo di solidarietà, seppure considerato per le pensioni superiori ai 5.000 euro mese, si configurerebbe palesemente come prelievo tributario, a meno che non ne fosse prevista la restituzione.