Sono mesi che il sorriso sardonico di Donald Trump capeggia su giornali, telegiornali e testate più o meno cliccate sparse sulla Rete. Ne hanno dette di tutti i colori, fino a considerare la sua eventuale presidenza degli Stati Uniti una minaccia di livello mondiale. In effetti, se il miliardario newyorkese diventasse davvero l'inquilino principale della Casa Bianca e caricasse appena la metà di tutte le bordate sparate a salve in questa campagna elettorale, la sua presidenza sarebbe così cruenta da far sembrare quelle dei Bush, al paragone, quasi un raduno di hippies.

Le sconfitte alle primarie del Wisconsin ed aicaucus dello Utah e del Colorado hanno però minato la sua sicurezza. Ted Cruz, com'era prevedibile, sta beneficiando del ritiro di Marco Rubio e sta tentando una rimonta che fino ad un mese fa sembrava pura utopia.

Ted Cruz, un 'perdente annunciato'?

Sono però in tanti a vedere Ted Cruz un "perdente annunciato" nello scontro per le presidenziali con il candidato democratico, specie se si dovesse trattare di Hillary Clinton. Inoltre, a conti fatti, il vincitore di queste lunghe primarie potrebbe giungere alla convention repubblicana che designerà il candidato presidente con una maggioranza relativa, ovvero senza raggiungere i 1.237 delegati necessari per la nomination.

Non bisogna inoltre dimenticare che i candidati repubblicani sono tre: c'è anche John Kasich che, pur non avendo più alcuna velleità di nomination, potrebbe sottrarre preziosi delegati ai due battistrada.

Tutto sbagliato, tutto da rifare?

E se tra i due litiganti ci fosse un terzo, quello che solitamente gode? Non stiamo ovviamente parlando di Kasich.

In realtà, la scelta di un terzo candidato invaliderebbe non poco il significato democratico delle elezioni primarie su cui poggia la politica americana. Ma l'impressione è che Reince Priebus, presidente del Comitato Nazionale Repubblicano, ed i suoi più stretti collaboratori ci stiano seriamente pensando. Fermo restando che i vertici del Grand Old Party tutto vogliono, tranne che Donald Trump diventi presidente, e non stimano più di tanto Ted Cruz, il messaggio all'elettorato suonerebbe però come un "l'è tutto sbagliato...

l'è tutto da rifare" di "bartaliana" memoria. Il rischio più grosso è quello di perdere consensi da parte di elettori chiamati ad esprimere fiducia nei confronti di candidati che, paradossalmente, non hanno la fiducia del partito. Tanti, alla fine, gli errori di valutazione del GOP: non ci si attendeva il successo di Donald Trump, non ci si attendeva Ted Cruz come unica alternativa e, sicuramente, non ci si attendeva nemmeno il clamoroso flop di Jeb Bush, candidato certamente più gradito ai leader repubblicani, figlio e fratello di due ex presidenti degli Stati Uniti. Ma gli elettori lo hanno espresso chiaramente: tutto vogliono tranne che un terzo Bush alla Casa Bianca.

Possibile la candidatura di Paul Ryan?

Donald Trump ha bisogno di poco meno di 500 delegati per raggiungere quota 1.237 ed avere in tasca la nomination. Se non li ottiene, riteniamo difficile che possa uscire vincitore dalla convention repubblicana del prossimo mese di luglio. Ted Cruz punta a recuperare più terreno possibile ma, come abbiamo già detto, non è così scontato che ottenga la nomination. La soluzione del Partito Repubblicano potrebbe chiamarsi Paul Ryan, attuale speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Nei mesi scorsi l'ipotesi di una terza via era stata già accarezzata dal GOP, si era parlato di Mitt Romney, già candidato alla presidenza nel 2012 poi sconfitto da Barack Obama.

Paul Ryan, alle ultime elezioni presidenziali, era stato designato in qualità di vice presidente di Romney: ora, con quattro anni di esperienza politica in più, potrebbe essere maturo per la nomination. Giovane (46 anni), conservatore neoliberista, potrebbe raccogliere consensi sia dall'ala più estremista che da quella moderata del partito, con buona pace di Trump e Cruz.