Strano il destino di Paul Ryan. Qualche mese fa era stato definito la "immacolata nomination", il suo nome era stato accostato ad un'eventuale candidatura a sorpresa ed anche se il diretto interessato si era prontamente defilato, era certamente la punta di diamante di una strategia interna al Partito Repubblicano che mirava ad impedire la nomination di Donald Trump. Quando il magnate ha ottenuto il suo scopo, ha iniziato in qualche modo a "corteggiare" Paul Ryan, consapevole di trovarsi di fronte un esponente moderato del partito con il conseguente "tesoretto" di voti.
Fino a poche settimane fa la posizione di Ryan sembrava inamovibile e sebbene riconoscesse il valore di ciò che i cittadini hanno scelto alle primarie, aveva sostenuto apertamente il suo disimpegno. "Trump è lontano dai valori del reaganismo" aveva dichiarato Paul Ryan.
Il cambio di rotta
In queste settimane Trump e Ryan si sono incontrati varie volte. Alla fine lo speaker della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha dichiarato che "sebbene è evidente che tra noi ci sono differenze, ciò che abbiamo in comune le supera. Insieme abbiamo discusso questione politiche e principi di base ed ora sono fiducioso sul fatto che Trump ci aiuterebbe a trasformare le nostre idee in leggi che migliorerebbero la vita degli americani".
La tanto attesa "endorsement" è dunque una realtà e le parole di Ryan, politico molto influente e molto quotato dai vertici del GOP, sono la testimonianza che alla fine il partito si è "rassegnato" a far quadrato attorno a Trump. Qualche disfattista sostiene invece che Paul Ryan, convinto di una sicura sconfitta elettorale, stia mantenendo "immacolata" la sua posizione per poi iniziare con largo anticipo la sua scalata verso le presidenziali del 2020. Teoria che, pensandoci bene, non è così avventata.