A sette anni esatti dall’inizio della cosiddetta rivoluzione del Movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, ci si trova di fronte ad un’Italia politicamente differente ma non certo migliore. A cambiare sono stati gli equilibri, le forze in campo e di sicuro il modo di approcciarsi alla politica attiva. Il web ha preso il sopravvento sui media tradizionali riuscendo a penetrare in quel tessuto sociale dimenticato dalla propaganda old style. È in quel bacino elettorale e nella considerevole pattuglia di scontenti dei partiti che il M5S ha mietuto consensi, strappando alla concorrenza Comuni storici.

Parma e Roma sono oggi forse il simbolo di quello che il M5S voleva essere nella sua idea e quello che realmente è. Il caso Pizzarotti, conclusosi con l’addio del primo cittadino dai cinquestelle, ha scosso il Movimento nelle sue fondamenta. Per i puristi del Non Statuto partorito da Grillo e dalla Casaleggio Associati, Pizzarotti doveva essere ripudiato dal momento in cui aveva scelto di amministrare Parma con indipendenza e responsabilità.

La doppia morale

Dalla questione inceneritore alle nomine dei vertici del Teatro Regio, Pizzarotti è stato posto in un angolo e lì è rimasto finché non ha deciso di sbattere la porta e dire addio. Con buona pace di una fiducia dell’elettorato parmigiano sempre in crescita, quello che è stato il primo sindaco della storia a cinquestelle si è trasformato così in un’ombra ingombrante per il futuro.

In molti altri Comuni, infatti, i fedelissimi di Grillo non si sono contraddistinti per efficacia amministrativa. Da Quarto a Roma, il M5S ha toppato clamorosamente faticando a trovare soluzioni e strategie. La Capitale ad esempio, a più di tre mesi dal trionfo di Virginia Raggi, ha registrato più assessori al bilancio che ordinanze in Campidoglio.

Eppure la bella avvocatessa è stata protetta, le sono stati perdonati errori clamorosi che pure hanno minato la credibilità e l’immagine del M5S. Perché con Pizzarotti si è agito a mo’ di mobbing e con la Raggi si è usato il guanto di velluto? Perché è stato dimenticato l’unico sindaco grillino che ha saputo rispondere ai desiderata dell’elettorato?

Un addio che fa male

Sono contento e specialmente per lui. Spero che si goda i suoi quindici minuti di celebrità”. È con queste parole telegrafiche che Grillo ha salutato con legittima soddisfazione l’addio di Pizzarotti dal M5S. “Ciao Beppe, alla tua freddezza rispondo come faccio nella vita, con un sorriso. Per ogni storia finita ce n’è sempre una che, alla fine, comincia” è stata la risposta immediata del primo cittadino parmigiano. Con tutto il rispetto per i due protagonisti del divorzio, sarebbe stato curioso conoscere il pensiero dei compagni di avventura di Pizzarotti: quelli che per intenderci hanno vissuto il Movimento dalla prima ora. Peccato che con il rientro in prima linea del Capo solo al comando è stato attivato il tasto silenziatore che non ha lasciato scampo.

Anche in concomitanza della vicenda Parma, Grillo ha accelerato con il nuovo regolamento che gli attivisti potranno votare, attraverso la piattaforma Rousseau, fino al 26 ottobre. “Devo proteggermi dalle querele - ha affermato in un video Grillo - e salvaguardare il M5S da chi entra per fare i cavoli suoi”.