A.A.A. Leader del centrodestra cercasi. Silvio Berlusconi, il giorno dopo aver scaricato anche Stefano Parisi, in un’intervista a Rtl 102.5 racconta la difficoltà nel trovare il suo erede politico. “Fino ad ora non sono stato in grado di fare una scelta – ammette il presidente di Forza Italia – in passato avevo puntato su qualcuno, che però poi è finito dall’altra parte”. Il cavaliere spiega come nel suo schieramento si siano succeduti nel tempo diversi personaggi che a un certo punto hanno deluso o non sono stati accettati da tutti in una compagine così variegata.

Nessuna concessione a Matteo Salvini, che il cavaliere evita di nominare direttamente.

Il riconoscimento a Renzi

Quindi arriva inaspettato un riconoscimento per l’avversario: “In Italia Matteo Renzi è il solo leader politico vero – spiega Berlusconi – fuori dal Parlamento ce n’è qualcun altro, che però è stato buttato fuori dalla politica". Dopo la carota, arriva il bastone: “Il presidente del Consiglio mente, in caso di vittoria del no al referendum non ci sarà nessun caos”. Il leader di Forza Italia paragona le parole di Renzi a quelle usate dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, quando diceva all’estero che il governo di centrodestra non aveva i soldi per pagare gli stipendi: entrambi hanno usato l’arma della paura per raccogliere voti.

Una nuova riforma costituzionale

Per Berlusconi esistono due scenari alternativi in caso di vittoria del “no” al referendum costituzionale: o un governo di breve periodo che riformi la legge elettorale e porti l’Italia al voto, oppure un esecutivo che faccia una riforma costituzionale più completa dell’attuale. Una legge che preveda anche quei punti cari al leader di Forza Italia, come l’elezione diretta del presidente della Repubblica e il vincolo di mandato.

L’obiettivo dichiarato è quello di riscrivere le regole con un accordo il più largo possibile.

La rottura con Renzi

Ma allora perché non si è continuato a lavorare con Renzi? Berlusconi è categorico: “abbiamo smesso di votare la riforma quando abbiamo capito che il presidente del Consiglio era interessato solamente a regole cucite sulla propria persona – spiega – a quel punto avevamo non solo il diritto, ma anche il dovere di opporci”.