Più forte del voto di una risicata maggioranza di cittadini. Gina Miller rischia di passare alla Storia come la donna che ha fermato "Brexit" o, quantomeno, ne ha rallentato il processo. Perché, qualunque sia il futuro pronunciamento del parlamento, ciò che i britannici hanno deciso lo scorso giugno dovrà ora essere vagliato in sede politica.
La sentenza dell'Alta Corte di Londra
La sua battaglia era stata paragonata a quella di Don Chisciotte contro i mulini a vento o al duello biblico tra Davide e Golia. Gina Miller, donna d'affari di origini sudamericane, ha fatto esattamente come Davide ed ha lanciato il suo sasso contro la Brexit presentando ricorso all'Alta Corte di Londra.
In pratica la contestazione della Miller è avversa alla decisione del primo ministro, Theresa May, che aveva invocato l'articolo 50 del trattato europeo di Lisbona per avviare l'iter di fuoriuscita del Regno Unito dall'Unione Europea senza consultare il parlamento. L'autorità giudiziaria ha dato ragione alla Miller, per essere effettivamente operativa la Brexit deve essere votata a Westminster. Il nocciolo della questione è legato all'accordo sottoscritto dal governo britannico nel 1972 in occasione dell'ingresso alla Comunità Europea. Lasciare Bruxelles senza consultare il parlamento rappresenta una violazione dell'accordo, questo il parere della corrente politica 'europeista' che adesso ha il fondamentale sostegno dell'Alta Corte.
Le conseguenze della sentenza
La 'patata bollente' ora passa tra le mani del primo ministro. Theresa May dovrà illustrare tutti i passaggi della Brexit alle due camere del parlamento ed il procedimento sarà sottoposto a votazione. Non è quindi da escludere che la Brexit possa essere bocciata e le problematiche che ne scaturirebbero sono di non facile soluzione.
Diverse le strade da intraprendere, da una "Brexit part-time" con la quale, pur uscendo dall'Unione, il Regno Unito rimane comunque dentro al mercato europeo sottostando ai principali regolamenti tra i quali anche il trattato di Schengen sulla libera immigrazione, ad un nuovo referendum sul tema. O, in maniera drastica, l'annullamento di ciò che gli elettori hanno deciso lo scorso giugno.
Le reazioni politiche
La politica britannica si risveglia squassata da questa sentenza. "Faremo ricorso in appello - annuncia il premier Theresa May - perché i cittadini hanno votato per lasciare l'Unione Europea ed il referendum era stato approvato dal parlamento. Siamo determinati a far rispettare il risultato del voto". Non ci sta ovviamente Nigel Farage, leader del Partito per l'Indipendenza del Regno Unito che era stato tra i maggiori sostenitori della Brexit e che aveva annunciato il suo distacco dalla politica attiva dopo aver raggiunto il suo scopo. "Questo verdetto scatenerà il caos e la rabbia della gente", ha detto, dichiarandosi pronto a rientrare in campo per il 2019, anno delle nuove elezioni parlamentari.
Non è comunque da escludere che l'accoglimento del ricorso di Gina Miller possa aver innescato una reazione a catena che porti ad una crisi politica con conseguenti elezioni anticipate. Chi esulta è invece la premier di Scozia, Nicola Sturgeon, tra i maggiori oppositori della Brexit come un pò tutti gli scozzesi il cui voto dello scorso giugno era stato di chiaro stampo 'europeista'. "Questa sentenza testimonia la confusione all'interno del governo - ha sottolineato - e per quanto riguarda i deputati del Partito Nazionale scozzese, non ci sarà la minima intenzione di votare per qualcosa a cui siamo contrari e che mina gli interessi della Scozia".