Tra poco meno di due settimane (il 4 Dicembre) il popolo italiano sarà chiamato ad esprimersi sulla riforma costituzionale promossa dal governo Renzi ed approvata dal Parlamento. Le parti più importanti della riforma costituzionale sono: la modifica del Senato e la conseguente fine del bicameralismo perfetto, la riforma del Titolo V, il taglio dei senatori, la soppressione del Cnel, l'elezione del presidente della Repubblica.
Tra i favorevoli al cambiamento vi sono lo stesso presidente del Consiglio e la maggioranza del suo partito (Pd), il Ncd di Alfano e Ala, il partito di Verdini.
Essi sostengono che con la vittoria del "sì" verrebbero risparmiati diversi milioni di euro e che, grazie alla riforma del Senato, si semplificherebbe l'iter parlamentare per l'approvazione delle leggi ordinarie. Tra i tanti sostenitori del "no" troviamo il Movimento 5 Stelle, Forza Italia, Lega Nord, SEL, Fratelli d'Italia. La loro tesi principale è che la riforma sia stata disposta da un parlamento designato con una legge elettorale (Porcellum) dichiarata incostituzionale.
Abbattimento dei costi, snellimento iter legislativo, maggiore partecipazione democratica: i motivi del "sì"
Secondo la maggioranza governativa, il taglio dei senatori (da 315 a 100) e la soppressione del Cnel permetterebbe allo Stato di risparmiare svariati milioni di euro che potrebbero essere investiti in altri ambiti.
Inoltre, la fine del bicameralismo perfetto semplificherebbe l'iter legislativo, in quanto non esisterebbe più la cosiddetta "navetta", cioè il passaggio continuo di un testo di legge da una camera all'altra. La riforma del Titolo V, invece, risolverebbe i conflitti tra Stato e Regioni: legge vigente, secondo i sostenitori della riforma costituzionale, non chiarisce le rispettive competenze e bisogna ricorrere spesso ai tribunali amministrativi per risolvere le dispute tra i due enti.
Ida Nicotra, docente di Diritto costituzionale a Catania, ha affermato che, grazie all'introduzione dei referendum propositivi e alla modifica del quorum per rendere effettivi i referendum abrogativi, aumenteranno gli strumenti per l'esercizio della democrazia diretta. La docente ha sottolineato che non si vota sull'Italicum e che, con un'eventuale vittoria del "sì", l'Italia avrà "un governo che decide".
Riforma incostituzionale, Senato nominato, meno democrazia: perché votare "no"
Le opposizioni, con il Movimento 5 Stelle in testa, sono tutte schierate per il "no". I motivi sono molteplici: innanzitutto, si contesta il fatto che la riforma sia stata approvata da un Parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale, e quindi illegittimo. Il Senato, inoltre, non verrebbe eliminato, ma rimarrebbe con molti poteri e, come sottolineato da Di Battista nel corso di un'intervista su La7, non sarebbe più eletto dal popolo ma "nominato dai partiti". Le firme richieste per i referendum abrogativi passano da 500 mila a 800 mila, mentre per le leggi di iniziativa popolare da 50 mila a 150 mila: diminuiscono così, secondo il M5S, gli spazi di democrazia partecipativa per i cittadini.
I leader del centrodestra, Silvio Berlusconi (Forza Italia) Matteo Salvini (Lega Nord) e Giorgia Meloni (Fratelli d'Italia), hanno diffuso una nota in cui dichiarano di essere uniti nella campagna referendaria per il "no". Nella nota, la riforma viene descritta come una "falsa riforma" che non sarebbe in grado di ridurre i costi della politica né di rendere più efficienti le istituzioni. Al contrario, si legge nella nota, la riforma ridurrà gli spazi di democrazia nel Paese, rischiando di affidare ad una minoranza non rappresentativa ampi poteri.