Il rinvio del Referendum Costituzionale non è un’ipotesi auspicabile o percorribile. L’unanimità delle forze politiche sull’indiscrezione fatta trapelare da Angelino Alfano non lascerebbe spazio dunque a ulteriori sorprese. Solo ieri il ministro dell’Interno, infatti, aveva prestato il fianco a un possibile slittamento del voto anche in funzione dell’emergenza venutasi a creare con il terremoto che ha devastato il Centro Italia. “Non abbiamo chiesto rinvii - aveva affermato Alfano - ma, nel caso lo volesse una parte dell’opposizione, sono convinto che sarebbe un gesto da prendere in altissima considerazione”.

Poche parole che sono bastate per creare una confusione in Parlamento tale da far correre ai ripari direttamente Matteo Renzi. “L’ipotesi dello spostamento non esiste, punto” ha precisato il premier da Palazzo Chigi. Sul piano politico, dunque, quella del 4 dicembre resta l’unica data possibile in agenda. Sul piano strettamente giuridico, invece, bisognerà attendere il verdetto del Tribunale di Milano sul ricorso presentato da Valerio Onida.

La partita resta aperta

Il ricorso avanzato dall’ex presidente della Corte Costituzionale riguarda la composizione del quesito referendario che violerebbe la tutela della libertà di voto. Secondo Onidagli elementi che compaiono sulla scheda sono troppo eterogenei, non connessi o “comunque collegati solo in via generica o indiretta che riflettono scelte altrettanto distinte, neppure tra loro sempre coerenti”.

Caratteristiche che cozzano con la scelta finale dell’elettore che deve esprimersi con un o un No. Della complessità dei contenuti oggetto del Referendum Costituzionale, del resto, si è più volte dibattuto anche tra i componenti stessi del governo. L’opzione di uno spacchettamento non è stata tuttavia presa in considerazione perché non contemplata dal diritto.

Allo stato attuale la domanda che circola con insistenza è la medesima: se il Tribunale di Milano si esprimesse con un’ordinanza di remissione, cosa succederebbe dopo l’esame della Corte Costituzionale? Nessuno è in grado di dare una risposta ma in pochi si augurano uno slittamento oltre il 4 dicembre.

Il coro del no al rinvio

Le polemiche sull’uscita di Alfano non si sono placate certo con la smentita di Renzi. Anzi, in molti hanno intravisto la regia del premier dietro l’assist del ministro alle opposizioni. “In politica si fa così, Renzi ha mandato Alfano allo scoperto per incassare il nostro sì” ha affermato il senatore forzista Maurizio Gasparri. “Gli italiani vogliono votare il 4 dicembre e vogliono che il loro voto venga rispettato” ha tuonato dalle sue pagine il capo del M5S, Beppe Grillo. “Il premier si ricordi di fare quanto promesso non appena arriveranno i risultati del Referendum - ha proseguito - ma prima ci lasci votare, un ulteriore rinvio sarebbe insopportabile. Non azzardatevi, dovete rispettare i vostri datori di lavoro”.

Tra i più lucidi interventi sull’ipotesi slittamento per il terremoto c’è quello del direttore del Tg di La7, Enrico Mentana: “Abbiamo promesso che daremo subito un tetto a queste decine di migliaia di connazionali e saremo pure in grado di dar loro un seggio per votare. È anche così che li si aiuta a rivedere la vita di tutti i giorni”.