La sentenza del processo Condor, conclusosi a Roma il 17 gennaio, contro gli esponenti delle dittature latinoamericane che perpetrarono le stragi di massa durante gli anni settanta, attraverso il Piano Condor, ha avuto risvolti in tutto il mondo nel riaprire ferite non ancora rimarginate. Nell’aula bunker del carcere di Rebibbia, la Corte d’Assise di Roma si è espressa sulla scomparsa di 23 cittadini di origine italiana in vari paesi dell’America Latina, tra il 1973 e il 1978.

Erano gli anni delle spietate dittature che per impulso del governo di Augusto Pinochet, attraverso il suo spietato capo dei servizi, Manuel Contreras, uno degli imputati deceduti, diedero vita ad una rete trans-nazionale per reprimere nel sangue chiunque fosse in odore di opposizione ai regimi di Cile, Brasile, Paraguay, Bolivia, Argentina e Uruguay.

Sono state emesse 8 condanne all’ergastolo, 19 assoluzioni, 6 proscioglimenti a causa della morte degli imputati.

Alla sbarra pezzi di dittature

La vicenda processuale nasceva nel 1999, innescata dalla denuncia di alcuni famigliari di cittadini italiani dispersi negli anni in esame. Il dibattimento prendeva avvio nel 2015, e vedeva alla sbarra sia le più alte cariche istituzionali di alcuni paesi, sia importanti personalità delle gerarchie militari e delle intelligence. In quasi due anni ci sono state sessantuno udienze e un centinaio di testimoni hanno dato il loro contributo per ricostruire le vicende. La Procura di Roma ha chiesto 27 ergastoli per l’assassinio di 23 persone, e forse la discrepanza tra queste e la sentenza ha determinato qualche polemica.

Le condanne all’ergastolo in contumacia sono state comminate allora Presidente peruviano Francisco Rafael Cerruti, al suo primo ministro Pedro Richter Prada e al loro capo dei servizi segreti German Luis Figeroa; al presidente boliviano dal 1980 al 1981 Luis Garcia Meda Tejada, all’ex primo ministro Luis Arce Gomez; al ministro degli esteri uruguaiano Juan Carlos Blanco; ai colonnelli dell’esercito cileno Rafael Valderrama Ahumada e Jeronimo Herman Ramirez Ramirez.

Una rete pianificata dalla CIA

Agli inizi degli anni novanta vennero fuori le prove che concernevano la costruzione di questa rete attraverso i documenti del terrore di Asuncion e la desecretazione delle carte che facevano luce sulla collaborazione del presidente Nixon e del segretario di stato Kissinger con Pinochet. Era infatti la CIA a coordinare le attività della rete e Panama rappresentava la base logistica dove venivano coordinati i sei paesi del Condor in termini di scambio di informazioni, transito di mezzi, forniture militari e denaro, ma anche addestramento alle tecniche di tortura.

In quegli anni furono colpiti studenti, operai, docenti universitari, sindacalisti, giornalisti, persino i famigliari di persone scomparse alla ricerca dei loro cari.

I colpevoli sono anche altri

Il presidente della Bolivia Evo Morales, come riporta l’organo d’informazione latinoamericano “TeleSurTv” è stato perentorio nel dichiarare la sua insoddisfazione per questa sentenza: «Questo è un verdetto insufficiente… Ci sarà giustizia per il nostro popolo quando gli Stati Uniti, il vero responsabile dei crimini contro l'umanità, sarà giudicato». Molte perplessità, anche da parte dei rappresentanti della Repubblica dell’Uruguay, sull’assoluzione di Jorge Nestor Troccoli, detto “il torturatore”, ex capitano del “Cuerpo de Fusileros Navales” uruguaiano, unico imputato residente in Italia: con le sue sevizie sembra che non abbia mai ucciso nessuno.