Dura lo spazio di poche ore il giallo delle “firme che ritornano dal futuro”, come era stato scherzosamente chiamato dal programma Le Iene. E così, dopo un’accurata risposta apparsa sul blog di Beppe Grillo, si trasforma nella classica tempesta in un bicchiere d’acqua quello che poteva rilevarsi come l’ennesimo problema per la giunta di Virginia Raggi. Tanto più che si andava a toccare un nervo scoperto del Movimento 5 Stelle, la raccolta delle firme che già ha causato guai giudiziari a Palermo e Bologna. Ma cosa è accaduto? Tutto parte dalla segnalazione di un consigliere comunale della Lista Marchini a Roma, Alessandro Onorato: secondo il giovane politico l’atto di presentazione della candidatura della futura sindaca, consegnato il 20 aprile scorso all’ufficio elettorale del Comune conterrebbe un falso.
L’errore nella presentazione della lista
Infatti sul documento era possibile leggere l’indicazione del numero delle firme a favore della candidatura, 1.352, già tre giorni prima del “firma day”, giornata in cui sono state effettivamente raccolte. Inoltre quel giorno sarebbero stati utilizzati solo 10 cancellieri, i pubblici ufficiali chiamati ad autenticare le operazioni: ma i banchetti presenti nelle varie zone della Capitale erano 20: possibile controllarli tutti? Intervistati dall’inviato della trasmissione, i due delegati di lista del M5S hanno gettato acqua sul fuoco, ribadendo che i turni di funzionamento delle postazioni sono stati diversificati per permettere i controlli, mentre solo sei hanno fatto orario continuato.
Inoltre hanno giustificato la prassi di lasciare in bianco il documento e di compilarlo successivamente, come accaduto a Roma. Ma l’esperto di diritto amministrativo consultato dalle Iene, nonché la Direzione centrale dei Servizi elettorali del ministero dell’Interno non sono stati dello stesso avviso, contestando le spiegazioni fornite dai delegati di lista.
Nessuna conseguenza per la Raggi
Subito è esplosa la polemica politica con diversi esponenti del Partito Democratico che hanno chiesto chiarimenti al M5S e in particolare a Beppe Grillo e Luigi di Maio. Ma è intervenuto il Movimento 5 Stelle di Roma a spiegare che le firme restano valide, in quanto, anche nel caso che l'errore fosse provato, si tratterebbe di un’irregolarità formale su un atto preparato dai delegati di lista.
Inoltre il M5S ha citato la sentenza n. 450/2006 del TAR del Friuli Venezia Giulia, secondo la quale la regolarità delle operazioni elettorali non è messa in dubbio dall’eventualità “che l'autenticazione delle firme dell'atto principale sia precedente a quella delle firme contenute negli atti separati" e che "questa discrasia non è comunque sanzionata dalla legge ". Quindi anche se ci fosse stato un errore formale, la sindaca di Roma sarebbe legittimamente al suo posto.