Ex colonnello del KGB e politico di lunghissimo corso, Vladimir Vladimirovič Putin attira a sé l'ammirazione del suo popolo e di militanti di diverse fazioni politiche (da Casapound alla Lega, al M5S) per la sua abilità Politica. Il Presidente della Federazione Russa, infatti, gestisce il ruolo di vertice di un'influente potenza regionale con autorevolezza, ma senza rinunciare al dialogo con gli altri capi di Stato.

Le capacità del soggetto in esame risultano rimarcate, se si considera la difficoltà che comporta gestire la nazione più vasta al mondo, peraltro colma di differenti popolazioni, religioni ed esigenze al proprio interno (si parla di una Repubblica Federale che copre un'estensione superiore ai 17 milioni di chilometri quadrati a cavallo tra Europa ed Asia, che comprende 138 diverse etnie).

Se già molto si è detto sulle sue manovre in politica interna (gestione del terrorismo, basso tasso di cambio del rublo a fronte di una produzione statalizzata di fonti energetiche, evidentemente ai fini di incentivare le esportazioni), qui si analizzeranno invece gli effetti della presenza russa nei disparati scenari che vedono protagonista il grande paese.

Gli scenari mediterranei che coinvolgono Putin

L'intervento estero che più di ogni altro risulta positivo per l'azione del Presidente è decisamente quello in Siria. L'azione congiunta insieme agli alleati locali, divisi tra brigate di varia estrazione (Liwa Al-Quds, Hizbullah, etc.) ed eserciti nazionali (lealisti, Iran, Turchia) ha permesso l'affermazione del Presidente eletto Assad in sede diplomatica e la riapertura di uno sbocco russo nel Mediterraneo, rinvenuto nella base portuale di Tartus (che si aggiunge alle altre due di Khmeimim e Khirbet Raes Al Waer).

Sebbene il recente rientro di Trump nei negoziati di Astana rischi di complicare le relazioni tra il gigante e l'Iran, e prova ne sono la presenza della base Usa di Al -Tanf vicino al confine siro -iracheno e le pressioni di Israele per tenere a bada il rivale sciita, si può auspicare che Putin preferisca tenere fede ai legami già consolidati per il bene dell'intesa, invece di concedere eccessivo spazio agli americani.

Facile immaginare come, partendo da primi avamposti siriano, la Russia cerchi di ampliare il proprio personale "posto al sole". In quest'ottica di spiega facilmente l'intervento in favore del Generale dell'esercito libico Khalifa Haftar, spodestatore del precedente capo di Stato Gheddafi, e la promozione di accordi di pace e collaborazione col rivale sostenuto dall'Onu Al -Serraj.

Tuttavia, questo scenario non vede un coinvolgimento attuale e significativo del Cremlino, quindi si procederà nella trattazione delle novità sul versante, più ostico, delle relazioni con l'Occidente.

Situazione difficile in Ucraina: prospettiva sanzioni da Washington

La situazione più ostica, nella quale Putin cerca il minor coinvolgimento possibile, è paradossalmente quella più vicina ai confini di casa: la guerra in Donbass. Il Presidente russo, infatti, tiene fede agli accordi di Minsk da lui stesso richiesti a costo di scontentare le milizie russofone di Zakharcenko: l'iniziativa separatista delle province di Donec'k e Luhansk di costituire lo Stato di Malorossija (piccola Russia) come parte di una futuribile unione con Russia e Bielorussia potrebbe acuire il conflitto con i paesi Nato e l'Ucraina di Petro Porošenko.

In alternativa, lo Zar preferirebbe portare a casa il riconoscimento internazionale della Crimea come territorio russo e una ripartizione federale dell'Ucraina, in modo da confermare la propria influenza indiretta sui territori orientali. Recente la notizia del passaggio al Senato americano della proposta di legge per adottare nuove sanzioni contro la Russia, a seguito della politica estera putiniana ritenuta troppo aggressiva ed interferente con gli interessi di Stati sovrani: leggasi questione crimeana e Russiagate. La difficile alternativa (per Trump, a rischio impeachment, più che per lo Zar) sembra essere quindi tra scontentare entrambi gli schieramenti, ben superiore ai 2/3 necessari per superare il veto presidenziale, e ratificare una manovra che complicherebbe progetti economici importanti di raccordo tra Russia ed Ue, ad esempio il gasdotto North Stream 2.

Sebbene, in definitiva, la situazione possa avvantaggiare la Russia sui diretti competitor, lo stesso Putin preferisce attuare una strategia di graduale affermazione sulla scena internazionale. Strategia che si risolve in un bilancio positivo per il capo del Cremlino.