Dopo il sesto esperimento nucleare, effettuato dal regime di Pyongyang il 3 settembre scorso provocando due scosse di terremoto, alcuni analisti della scena nordcoreana tentano di intuire le prossime mosse del dittatore, mosse che paiono sempre più complesse, anche se qualche analista è ormai convinto che dietro le azioni di Kim Jong-un ci sia una strategia cinese in chiave antiamericana.

Qualcuno, tuttavia, afferma che Kim Jong-un faccia uso dell'atomica sia per ottenere un "riconoscimento internazionale" sia, soprattutto, come assicurazione sulla vita: in altri termini, evitare di essere segnato dal destino di Gheddafi o Saddam.

Il parere di Nunziante Mastrolia

Nunziante Mastrolia, docente Luiss e co-autore de "L'atomica di Kim", sostiene che l'intera faccenda si giochi sull'asse Pechino-Washington: la Cina, mettendo al margine gli Stati Uniti, intende diventare la protagonista assoluta e indiscussa del mondo, da un punto di vista politico, economico e culturale. Conseguentemente, nel momento in cui gli Usa inaspriscono le pressioni sulla Cina, per i motivi più disparati (spionaggio industriale, dumping commerciale e monetario), Kim assume atteggiamenti folli suscitando l'ira dei giapponesi che minacciano di intervenire.

A quel punto, però, la paura di un nuovo periodo di imperialismo nipponico in Asia prende il sopravvento, ed è per questo che ogni paese dell'aria comincia ad indietreggiare, Seul in primis.

La Cina si ripresenta, allora, come l'unico paese in grado di tenere sotto controllo il Giappone e gestire la minaccia di Pyongyang. Parallelamente, la posizione di fuori gioco degli Stati Uniti appare chiara.

Al tycoon questo non è sfuggito. Perciò, esorta Pechino a porre un freno a Kim e a privarlo dell'atomica: in caso contrario, sarà considerata sua complice.

Altrettanto chiara - precisa ancora Mastrolia - è la strategia di Trump: il cosiddetto brinkmanship, un piano adottato per la prima volta da Kennedy nella crisi cubana e che si pone l'obiettivo di portare la situazione al limite. Pertanto, in un contesto in cui tutti sembrano arenarsi, l'inquilino della Casa Bianca procede per la sua strada al fine di smascherare il bluff cinese.

Infine, aggiunge il docente, si deve tener conto del fatto che la Corea del Nord dipende interamente dalla Cina per l'approvvigionamento alimentare ed energetico e, dunque, il "Supremo Leader" è manovrato in tutto e per tutto dai cinesi.

Cosa vuole Kim Jong-un?

Altre ipotesi sono state avanzate da alcuni esperti estremorientali, i quali tentano di persuadere il mondo con due grandi verità: innanzitutto Kim non è il pazzo furioso, quale viene descritto, e in secondo luogo, l'esplosione dell'arsenale nordcoreano avrebbe il buon proposito di riunificare le due Coree.

Alla domanda, anche il New York Times prova a rispondere.

Desiderio primario del dittatore di Pyongyang sarebbe quello di proteggere la dinastia dei Kim (giunta alla terza generazione).

Kim sembra aver appreso la lezione di Gheddafi o Saddam Hussein, i due grandi dittatori che, dopo aver rinunciato ai loro programmi nucleari - da un lato perché obbligati e, dall'altro per la fine delle sanzioni internazionali - sono stati umiliati e uccisi.

Altra risposta del NYT è che l'arsenale di Kim sia uno strumento di difesa con il quale rispondere agli attacchi esterni. Ancora, si ipotizza che il proposito di Kim sia quello di ricattare gli Usa e, più dettagliatamente, indurre gli americani ad ordinare il ritiro dei soldati in Corea del Sud e in Giappone riunificando, in siffatto modo, la Corea.

Viceversa, Kim Jong-un potrebbe servirsi della milizia statunitense per far sì che da Usa e Cina venga considerato un personaggio politico importante, degno di rispetto e da interpellare per qualsivoglia questione concernente l'Asia orientale.